«O grande Dio degli eserciti, guardaci prostrati qui ai piedi della Tua Maestà, per impetrarTi il perdono delle nostre colpe.
Sappiamo bene di aver meritato che gli infedeli impugnino le armi per opprimerci, perché le iniquità, che ogni giorno commettiamo contro la Tua bontà, hanno giustamente provocato la Tua ira.
O gran Dio, Ti chiediamo il perdono dall’intimo dei nostri cuori; esecriamo il peccato, perché Tu lo aborrisci; siamo afflitti perché spesso abbiamo eccitato all’ira la Tua somma Bontà.
Per amore di Te stesso, preferiamo mille volte morire piuttosto che commettere la minima azione che Ti dispiaccia.
Soccorrici con la Tua grazia, o Signore, e non permettere che noi Tuoi servi rompiamo il patto che soltanto con Te abbiamo stipulato.
Abbi dunque pietà di noi, abbi pietà della tua Chiesa, per opprimere la quale già si preparano il furore e la forza degli infedeli.
Sebbene sia per nostra colpa ch’essi hanno invaso queste belle e cristiane regioni, e sebbene tutti questi mali che ci avvengono non siano altro che la conseguenza della nostra malizia, síici tuttavia propizio, o buon Dio, e non disprezzare l’opera delle Tue mani. Ricordati che, per strapparci dalla servitù di Satana, Tu hai donato tutto il Tuo prezioso Sangue.
Permetterai forse ch’esso venga calpestato dai piedi di questi cani?
Permetterai forse che la fede, questa bella perla che cercasti con tanto zelo e che riscattasti con tanto dolore, venga gettata ai piedi di questi porci?
Non dimenticare, o Signore, che, se Tu permetterai che gl’infedeli prevalgano su di noi, essi bestemmieranno il Tuo santo Nome e derideranno la Tua Potenza, ripetendo mille volte: “Dov’è il loro Dio, quel Dio che non ha potuto liberarli dalle nostre mani?”
Non permettere, o Signore, che Ti si rinfacci di aver permesso la furia dei lupi, proprio quando Ti invocavamo nella nostra miserevole angoscia?
Vieni a soccorrerci, o gran Dio delle battaglie! Se Tu sei a nostro favore, gli eserciti degl’infedeli non potranno nuocerci.
Disperdi questa gente che ha voluto la guerra! Per quanto ci riguarda, noi non amiamo altro che essere in pace con Te, con noi stessi e col nostro prossimo.
Rafforza con la tua grazia il tuo servo e nostro imperatore Leopoldo; rafforza l’animo del re di Polonia, del duca di Lotaringia, dei duchi di Baviera e di Sassonia, e anche di questo bell’esercito cristiano, che sta per combattere per l’onore del Tuo Nome, per la difesa e la propagazione della Tua santa Fede. Concedi ai príncipi e ai capi dell’esercito la fierezza di Giosué, la mira di Davide, la fortuna di Jefte, la costanza di Joab e la potenza di Salomone, tuoi soldati, affinché essi, incoraggiati dal Tuo favore, rafforzati dal Tuo Spirito e resi invincibili dalla potenza del Tuo braccio, distruggano e annientino i nemici comuni del nome cristiano, manifestando a tutto il mondo che hanno ricevuto da Te quella potenza che un tempo mostrasti in quei grandi condottieri.
Fa’ dunque in modo, o Signore, che tutto cospiri per la Tua gloria e onore, e anche per la salvezza delle anime nostre.
Te lo chiedo, o Signore, in nome dei Tuoi soldati.
Considera la loro fede: essi credono in Te, sperano tutto da Te, amano sinceramente Te con tutto il cuore.
Te lo chiedo anche con quella santa benedizione, che io conferirò a loro da parte Tua, sperando, per i meriti del Tuo prezioso Sangue, nel quale ho posto tutta la mia fiducia, che Tu esaudirai la mia preghiera.
Se la mia morte potesse essere utile o salutare, per ottenere il Tuo favore per loro, ebbene Te la offro fin d’ora, o mio Dio, in gradita offerta; se quindi dovrò morire, ne sarò contento.
Libera dunque l’esercito cristiano dai mali che incombono; trattieni il braccio della Tua ira sospeso su di noi, e fa’ capire ai nostri nemici che non c’è altro Dio all’infuori di Te, e che Tu solo hai il potere di concedere o negare la vittoria e il trionfo, quando Ti piace.
Come Mosè, stendo dunque le mie braccia per benedire i tuoi soldati; sostienili e appoggiali con la Tua Potenza, per la rovina dei nemici Tuoi e nostri, e per la gloria del Tuo Nome. Amen».
(Preghiera composta dal Beato Marco d’Aviano per l’occasione e letta all’alba del 12 settembre 1683, dopo la celebrazione della S. Messa e la benedizione impartita all’esercito cristiano che si accingeva a dare vittoriosamente battaglia ai Turchi che assediavano Vienna)
Breve descrizione degli eventi bellici della fine del Seicento
che videro il Beato Marco d’Aviano nel ruolo di assoluto e decisivo protagonista.
L’idea del Sultano era quella di creare un secondo impero turco al centro d’Europa con Vienna capitale.
Nel luglio 1683 il Visir Kara Mustafà giunse a Belgrado e la conquistò; nell’avanzare, le guarnigioni cristiane venivano massacrate.
I turchi dilagarono in Ungheria e l’Imperatore Leopoldo, per non essere fatto prigioniero fuggì a Linz.
Le truppe turche arrivate sotto Vienna, trasformarono i suburbii in un mare di fuoco. La città subì un assedio di due mesi.
La popolazione poteva vedere l’immensità dell’accampamento turco ed udire la sera ed il mattino il grido di Allah Akbar.
Padre Marco, su istanza dell’Imperatore Leopoldo I, fu nominato, da Innocenzo XI, Legato Pontificio. La situazione destava grande preoccupazione ed il Papa temeva per la sorte del cattolicesimo e della cristianità in tutta Europa.
Padre Marco raggiunse immediatamente l’esercito della coalizione che era stata promossa dallo stesso Pontefice.
Contro l’esercito turco forte di 150.000 uomini, i principi cristiani ne potevano schierare a malapena 70.000: austriaci al comando del Duca Carlo di Lorena, polacchi guidati dal Re Jan Sobieski, tedeschi guidati dai Duchi di Baviera e di Sassonia, volontari italiani posti agli ordini delle truppe del principe Eugenio di Savoia, tutti erano coscienti del loro ruolo e del loro gravoso compito.
Mancavano del tutto i francesi e gli inglesi. I primi si erano addirittura alleati con la Sublime Porta in chiara posizione antagonista nei confronti dell’Austria: tutto sommato credevano che la caduta del Sacro Romano Impero germanico, avrebbe spalancato la porta alla loro egemonia sul continente, dopo che una dinastia francese aveva già sostituito i sovrani spagnoli. Balza alla vista la miopia di questo disegno e l’inconsistenza assoluta di certe mire. Ma se davvero i turchi avessero vinto, forse che si sarebbero fermati a Vienna o, secondo i loro piani politico-religiosi, sarebbero dilagati in Italia e messo in scacco e cercato di mandare in fumo i deliranti disegni del Re di Francia?
Gli inglesi, nel loro splendido isolamento insulare, erano pronti a fare affari con un’Europa musulmanizzata, ma alla fine il loro potenziale finanziario avrebbe comunque prevalso e reso dipendente in modo assoluto un Impero che oltre alla vis religiosa altro non offriva se non desertificazione e miseria!
I capi della coalizione cristiana, al solito, erano divisi, ognuno avrebbe voluto essere il capo della coalizione medesima a dispetto degli altri. Il tutto mentre a Vienna si moriva di fame e le sue difese erano sempre più rese inoffensive dalle mine che i turchi facevano brillare sotto i forti e sotto le mura della città.
Padre Marco con la forza che gli era concessa dal divino, dopo aver parlato con l’Imperatore Leopoldo, riuscì nella improba impresa di portare la pace e l’unità nel campo cristiano. Così si esprimeva in un dispaccio inviato al cardinale Cibo, Segretario di Stato Vaticano: «Due volte composi e sedai il Re di Polonia, altissimamente disgustato et indussi ad affrettare la marcia più di una settimana. Col Divino aiuto potei aggiustar moltissime e gravi differenze insorte nei primi capi dell’esercito».
Poi, scrivendo all’Imperatore, affermò: «… Ebbi tanta grazia di Dio da sollecitare il soccorso di almeno 10 giorni di quello che sarebbe conseguito; che essi soli cinque giorni fusse tardato, sarebbe forse caduta Vienna nelle mani dell’inimico».
L’8 settembre, festa della Natività di Maria, l’esercito cristiano nella pianura di Tulnn si fermò per una giornata di preghiera. Una cosa del genere non si era mai vista prima: Jan Sobieski, il Re polacco, scrisse alla moglie: «Padre Marco ha celebrato la Messa con molta devozione; ha tenuto un infiammato discorso; c’è chiesto di avere molta confidenza in Dio e nella Madonna, calata la sua benedizione, facendoci ripetere più volte: Gesù! Maria!».
Alle prime luci dell’alba del 12 settembre 1683, padre Marco, celebra la Messa sulla collina del Kahlemberg, Messa che viene servita dal Re di Polonia e da suo figlio Giacomo.
I paramenti usati per questo rito sono ancora conservati a Rizzios di Calalzo in Cadore, ovviamente del tutto ignorati e dimenticati. Certi avvenimenti e reliquie è meglio che cadano nell’oblio, come succede per la vittoria sui protestanti ottenuta da Wallenstein, oppure la Madonna sfregiata dagli stessi protestanti e conservata in Santa Maria delle Vittorie a Roma. È quasi assurdo ma sembra che ci si vergogni di certe vittorie cristiane volute e benedette da Dio.
Al rito seguì l’assoluzione e la distribuzione dell’Eucarestia ai comandanti cattolici; i protestanti furono comunque benedetti da padre Marco che, ricordiamolo, era il Legato Pontificio. Seguì la recita della summenzionata preghiera da lui composta.
Lo scontro fu brevissimo. Padre Marco, piazzato sulla collina, levava il crocifisso verso il luogo dove maggiormente si manifestava il pericolo per le armi cristiane; Jan Sobieski, a capo della sua cavalleria di Ussari alati, spalleggiato dagli alleati si diresse con disprezzo del pericolo e grandissimo coraggio direttamente verso il cuore dell’accampamento turco, la tenda di Kara Mustafà, e superò di slancio anche il fossato che la circondava per difenderla.
Il terrore si impadronì del Gran Visir che fece precipitosamente suonare la tromba della ritirata: la rotta fu totale! Il potentissimo esercito turco abbandonò tutto: tende, armamenti, vettovaglie ed anche le ingenti ricchezze frutto dei saccheggi e delle ruberie precedenti.
Il numero dei cristiani morti fu basso, ma nel campo turco le perdite furono ingenti, molte dovute alla confusione ed al panico che seguì l’assalto delle armate cristiane.
A Roma le campane suonarono a festa per tre giorni: in ricordo dell’evento Papa Innocenzo XI estese a tutta la Chiesa la festa del Santo Nome di Maria.
Il Re di Polonia Jan Sobieski scrisse al Pontefice: «Venimus, Vidimus et Deus vicit». Lo stesso padre Marco fu convinto che la vittoria era stata un miracolo: niente è impossibile a Dio!
Cosa ancora più toccante: mentre i comandanti cattolici cantarono il solenne Te Deum nella cattedrale di Santo Stefano nella Vienna liberata, padre Marco si ritirò nella chiesa dei Cappuccini per pregare per i soldati caduti, cristiani e musulmani, vittime loro malgrado della violenza bellica.
L’attività e la sua missione in Austria continuò: riuscì a fare stipulare un’alleanza tra Santa sede, Serenissima Repubblica di Venezia e Polonia, che portò alla liberazione di Buda, capitale ungherese, dopo ben 145 anni di dominazione turca.
Padre Marco scrisse all’imperatore: «Viva Gesù e Maria! Buda è stata presa d’assalto. È un vero miracolo di Dio!».
Padre Marco d’Aviano passò attraverso la breccia della città portando una statua della Madonna che personalmente collocò nel Duomo di Santo Stefano che era stato trasformato in moschea dai turchi. Ottenne dall’Imperatore il restauro di tutte le chiese ungheresi che i turchi avevano devastato e che i sacerdoti svolgessero il ruolo di ufficiali di stato civile.
Nel 1688 anche la strategica roccaforte di Belgrado tornò ai cristiani. Dopo la caduta della città, 800 soldati turchi caddero prigionieri: essi temevano moltissimo per l’incolumità della propria vita, dal momento che era loro costume massacrare i prigionieri nemici; padre Marco intercedette per loro presso il Duca di Baviera e per loro ottenne che fossero risparmiati in quanto anch’essi figli di Dio.
I prigionieri volevano ricompensare il francescano con doni, ma fedele ai suoi voti di povertà ed umiltà mostrò loro che dovevano ringraziare Gesù Crocefisso.
Essendo scoppiata una rivoluzione nell’impero turco, padre Marco tentò di far liberare anche la Bosnia, la Moldavia e la Bulgaria. Non tutti sentivano, come lui, la causa dell’Europa unita in Gesù Cristo e libera dall’oppressione.
Nel luglio 1699 poco prima della sua morte, era ancora in missione a Vienna: «Mi vengono meno le forze, ma il Papa lo vuole. Devo applicarmi con grandissima accuratezza. Faci Dio che tutto riesca bene».
Dovette mettersi a letto e, a causa di un’ulcera, era ormai in fin di vita: l’Imperatore gli mise a disposizione i medici di corte, ricevette dal Nunzio Apostolico monsignor Santa Croce la Benedizione Apostolica di Innocenzo XII e ne ricavò una forte spinta spirituale ed una grande forza interiore. Al momento in cui gli fu amministrata l’estrema unzione, rinnovò anche la professione dei suoi voti.
Alle ore 11 del 13 agosto 1699, assistito dall’Imperatore Leopoldo e da sua moglie Eleonora, morì stringendo quel crocefisso con il quale, alla stessa ora della morte, soleva benedire le genti d’Europa.
La salma rimase esposta fino al 17 agosto con grande partecipazione popolare ed anche con copiosa presenza di eventi prodigiosi. Per volontà imperiale fu sepolto sotto l’altare della Pietà nella Cripta dei Cappuccini cioè nella cripta dove venivano tumulati gli Imperatori d’Austria: lo stesso Imperatore Leopoldo dettò l’epitaffio per la pietra tombale.
A Vienna c’è un monumento, dedicato al cappuccino, sul cui cippo è scritto: «A padre Marco d’Aviano, anima della liberazione di Vienna. 12 settembre 1683».
E’ stato beatificato il 27 aprile 2003 da Papa Giovanni Paolo II.