Alcune premesse
Se il 22 novembre del presente anno (a.D. 2020) viene a costituire già di per sé un’insigne ricorrenza, in quanto coincide con l’Ottocentenario dell’Incoronazione di Federico II Hohenstaufen ad Imperatore del Sacro Romano Impero avvenuta nel medesimo giorno del 1220, la contingenza assume a nostro avviso una particolarissima rilevanza – di cui daremo ragione tra breve – anche e soprattutto per il fatto che, esattamente e sorprendentemente come avvenuto 800 anni fa, tale data cade quest’anno di nuovo nell’ultima domenica prima dell’Avvento.
E’ pur vero che, come risulta facilmente calcolabile, la scadenza ciclica di una qualunque ricorrenza calendariale preveda, nel corso del tempo, un suo ripresentarsi periodico abbastanza frequente[1]. Tuttavia, ciò che secondo noi assume in questo caso una particolare significatività è che il verificarsi di codesta coincidenza si rinnovi questa volta nella precisa concomitanza di un ‘centenario’. Peraltro, dato che essa centenaria coincidenza può realizzarsi solamente ogni 400 anni, constatiamo pure come, dal 1220 ad oggi, essa si sia già verificata solamente il 22 novembre del 1620 (ossia in occasione del quarto centenario), per rinnovarsi appunto quest’anno (ottavo centenario) quale sua seconda volta in assoluto[2].
L’attenzione da noi posta a riguardo dell’importanza del ‘centenario’ non vuole ovviamente configurarsi come una concessione al banale profano spirito commemorativo. Piuttosto, è opportuno ricordare come il numero 100 risulti simbologicamente espressione di “…una parte che forma un tutto nel tutto, un microcosmo nel macrocosmo, che distingue ed individua una persona, un gruppo, una realtà qualsiasi in un insieme più vasto”[3]. In quanto limite di un completo stato ontologico, il superamento della soglia rappresentata dal n.100 è pertanto legato anche al binomio ‘morte e rinascita’.
Non trattandosi dell’argomento precipuo di questa sede, e non volendo pertanto dilungarci eccessivamente sulla simbologia del n.100, qui ci basterà solo incidentalmente ricordare che oltre a ‘periodo di tempo pari a 100 anni’, il sostantivo latino saeculum significa pure: ‘generazione, età, epoca, mondo’. Accanto a ciò, si pone poi il suo del tutto significativo rapporto semantico con il verbo seco che traduce: ‘tagliare, troncare, attraversare, spartire’; da cui, a sua volta, deriva poi il termine secula: ‘falce’. Quest’ultima rappresenta il cristico simbolo di punizione, discriminante e giudicatoria (= falce messoria), escatologicamente connessa col momento della Parousia del Messia: ossia con il ritorno del Regale Figlio d’uomo descritto nell’Apocalisse giovannea[4], per sancire la fine ciclica del presente saeculum.
Oltretutto, se il greco εκατον, con cui si traduce ‘cento’, non può non evocare un evidente parallelismo col nome dell’ellenica ed infera divinità Ecate, d’altra parte, a chi abbia un po’ di dimestichezza con la gematria non sfuggirà nemmeno che la lettera greca di valore pari a ‘100’ sia la lettera Rho (ρ), il cui geroglifico risulta usualmente accostato alla ‘cruna dell’ago’: cioè a dire proprio a quel simbolo, altrimenti definito ‘porta stretta’, che rappresenta il luogo di passaggio tra due successivi stati ontologici, rispettivamente attraverso la ‘morte’ al precedente e la ‘rinascita’ nel conseguente.
Comunque sia, una decisiva significatività l’assume il fatto che qui si tratti proprio della concomitanza con l’‘Ottocentenario’! Ed anche in questo caso ci soccorre la gematria.
Il valore 800 è difatti quello della lettera Omega (ω), la quale, quando posta in binomio con l’Alpha (α), rappresenta l’estremo nonché finale limite della ‘storia e del tempo’. Essendo la prima e l’ultima lettera dell’alfabeto greco, Alpha ed Omega rappresentano nel loro insieme la totalità ontologica del creato, la totalità universale di spazio e di tempo, la completezza del saeculum, appunto. Non per nulla sono quindi attributi del Cristo-Logos[5], Colui che è Rex e Signore[6]: Re di Israele e Signore degli Eserciti[7], nonché Capo dei Re della terra[8].
E’ oltretutto significativo, infine, che Alpha ed Omega, nella tradizione iconografica, compaiano iscritte sui due bracci della Croce di Gesù, il cui titulus recitava ‘Iesus Nazarenus Rex Iudaeorum’, con ulteriore esplicito accostamento quindi alla Regalitas cristica.
Alla luce di tutti tali presupposti, la data del 22 novembre 2020 – in quanto ultima domenica prima dell’Avvento nonché, come dicevamo, Ottocentenario dell’Incoronazione Imperiale di Federico II di Svevia – assume a questo punto una pregnanza decisiva; e ciò per il fatto che essa possiede un’esclusività assoluta di cui non abbiamo ancora fatto menzione: proprio quest’anno, infatti, per la prima volta essa coincide ‘provvidenzialmente’ (il che non significa: ‘casualmente’) con la solennità di Cristo Re. Di tale solennità quest’anno ricorre oltretutto il ‘cinquantenario’ (cioè, precisamente ‘metà secolo’) dalla sua collocazione in quella che è la domenica che, essendo l’ultima, va simbolicamente a ‘coronare’ l’anno liturgico[9].
Tale contingenza-coincidenza rimane di estrema significatività escatologica, in quanto esprime in maniera cripticamente simbolica il Mistero della Croce del Re dei Re. E’ difatti emblematico che, riprendendo l’usuale iconografia della Crocifissione, l’Alpha ed Omega si pongano simmetricamente ai lati del Cristo crocifisso, l’atteggiamento del cui corpo, a ben vedere, ripropone chiaramente la sagoma di una ypsilon (Y). Tale lettera possiede infatti un valore gematrico pari a 400; il che non solo giustifica allora la propria posizione perfettamente mediana tra i valori 1 e 800 delle lettere Alpha ed Omega poste sui bracci della Croce, ma denota un’effettiva conformità con la circostanza secondo cui l’unico precedente caso di coincidenza tra il 22 novembre e l’ultima domenica prima dell’Avvento, in occasione di una scadenza centenaria, sia avvenuta appunto nel ‘quarto centenario’ dell’Incoronazione di Federico II (22 novembre 1620)[10].
L’inequivocabile evocazione della Crocifissione del Re dei Re che è possibile cogliere in corrispondenza dell’ambito temporale che connette l’Incoronazione Imperiale dell’Hohenstaufen con l’oggi (nella ricorrenza del suo ottavo centenario) – e ciò secondo la scansione ‘22 novembre 1220-1620-2020’ – non può non spingerci, in definitiva, alla convinzione della sussistenza di una valenza provvidenzialmente escatologica che debba essere riconosciuta tanto all’Incoronazione medesima quanto all’Istituto Imperiale, così come espresso in particolare dall’Imperatore Svevo e dall’ideale ghibellino.
Vi sarebbero poi anche alcune contingenze metastoriche che denoterebbero, avvalorandola, tutta l’eccezionalità della circostanza in questione: esse vanno ad interessare sia l’ultimo che il primo degli Imperatori del Sacro Romano Impero, quasi a voler significare tramite essi la sintesi dell’intera storia dell’Istituto medesimo.
E’ intanto emblematico che l’ultimo Imperatore, il beato Carlo d’Asburgo, per la legge successoria della dinastia asburgica sia succeduto al prozio Francesco Giuseppe immediatamente dopo l’avvenuta morte di questo. E poiché il decesso avvenne alle h. 21.00 del 21 novembre 1916, ebbene l’ultimo Imperatore divenne tale presso a poco allo scoccare del fatidico medesimo 22 novembre.
D’altro canto nel presente anno 2020, obbedendo ad una sorta di intreccio numerologico, oltre all’Ottocentenario dell’Incoronazione di Federico II ricorre pure il 1220mo dell’Incoronazione di Carlo Magno, avvenuta nella notte di Natale dell’anno 800 ed anch’essa ‘di domenica’. Come è evidente, non solo riappare dunque un riferimento al numero 1220 ma pure all’800, il quale rappresenta appunto l’anno di Incoronazione del primo Imperatore del Sacro Romano Impero.
Potremmo riassumere questo complessa questione secondo tale prospettiva: come rispetto alla nascita di Cristo Signore, l’Incoronazione di Carlo Magno si pone secondo un valore 800 e quella di Federico II secondo un valore 1220; così l’anno 2020 si pone rispetto all’Incoronazione di Carlo Magno secondo un valore 1220 e rispetto a quella di Federico II secondo un valore 800. Considerando che la definitiva scomparsa dell’Impero risale a circa un ‘secolo’ fa, in quanto il beato Carlo d’Asburgo, ultimo Imperatore, fu deposto nel 1919 e morì nel 1922, tutto fa allora ritenere verosimile di essere giunti quest’anno ad una svolta, come dicevamo, dalla valenza escatologica.
Codesta valenza risulta ancor più pregnante, allorché la suddetta prospettiva metastorica venga posta in relazione con la più attuale contingenza storica. Nel mentre scriviamo, infatti, la Chiesa e la fede cattolica tutta stanno ormai giungendo all’epilogo di quella che può ritenersi la più profonda e dolorosa crisi da esse mai vissute sino ad oggi – vedi anche solo per la sussistenza del tutto anomala, e mai prima verificatasi, della compresenza di due Pontefici considerati legittimi -. Non è un caso, e proprio per tali ragioni, che il presente contesto storico venga da più parti letto come rappresentare l’escatologico ‘venerdì di Passione’ della S. Chiesa cattolica stessa[11].
E’ nostra ferma convinzione che tale crisi potrà ritrovare soluzione solo dopo aver convenientemente ripristinato, accanto all’Auctoritas Sacerdotale del Papato, la Potestas Regale dell’Impero che è oggi purtroppo latente – pur rimanendo sempre viva come archetipo -, in quanto ‘fatta sparire dalla storia’ con la morte del beato Carlo d’Asburgo. La compresenza sinergica di entrambe le rispettive funzioni di codesti Istituti, le ‘due spade gelasiane’ di evangelica ispirazione[12], è difatti ciò che può ristabilire quell’equilibrio e quella tutela oggi mancanti all’Ecclesia Christi.
Per entrare ancor meglio nel pieno merito del nostro presente scritto, dobbiamo opportunamente ancora ricordare come “i multipli di cento aggiungono a questo principio di individuazione le caratteristiche del moltiplicatore”[13]. In altre parole, trattandosi dell’Ottocentenario, accanto al significato simbolico che è proprio del n.100 va tenuto nella debita considerazione anche il valore del n.8.
Notiamo, dunque, come esso effettivamente rafforzi il medesimo suddetto senso di morte-rinascita che è proprio del valore centenario, in quanto con l’‘ottavo giorno della Creazione’ si intende quello della Resurrezione di Cristo. Peraltro, ciò rimane perfettamente coerente con la peculiare prerogativa geometrico-simbolica dell’ottagono di essere la figura che ‘media’ il passaggio tra Terra (= quadrato) e Cielo (= cerchio). La salvezza legata alla persona di Cristo, il passaggio ontologico da morte a rinascita, non è del resto svincolabile dal Battesimo; ecco dunque la necessità di edificare i Battisteri nella tipica forma ottagonale: prassi supportata anche dal riferimento alla contingenza scritturale secondo cui furono soltanto otto le persone che scamparono alle acque del Diluvio[14].
Eccoci pertanto giunti, a questo punto, a dover assumere in tutta la sua significatività la circostanza del fatto che la forma del castello federiciano di Sancta Maria de Monte[15], un unicum nel suo genere, sia notoriamente proprio una reiterata applicazione dell’ottagonalità: perimetro di otto lati ai cui spigoli si ergono otto torri ottagonali, otto sale a pianoterra ed altrettante al primo piano, cortile interno ottagonale, fontana di acqua sorgiva ottagonale al centro cortile (oggi non più esistente, ma di cui è documentata l’originaria presenza)[16], sistema di cinte murarie ottagonali poste esternamente attorno al castello (anch’esse non più oggi esistenti, ma attestate da vari studi)[17].
Impropriamente oggi ricordato sotto la sua più tarda e meno significativa denominazione di Castel del Monte (che è sicuramente non federiciana[18], ma risalente alla metà del XIV sec.[19], o forse addirittura alla seconda metà del secolo ancora successivo[20]), in verità abbiamo già avuto modo di trattare estesamente, in altre sedi, quei fondamenti simbolico-sacrali che denotano l’identità dell’edificio e che ne giustificano pienamente il proprio nome[21].
In linea generale, qui possiamo ribadire che Sancta Maria de Monte riprende pienamente, quale sua prerogativa, quella funzione ‘mediatrice’ tra Terra e Cielo, tra micro e macrocosmo, che abbiamo già visto appunto legata al numero otto. L’attuazione di ciò, trattandosi di un contesto sacrale cristiano-cattolico, si configura come il raggiungimento dello status cristico attraverso la mediazione della S. Vergine Maria: ad Christum per Mariam.
Il come ciò debba poi applicarsi all’Imperatore risulta comprensibile sulla scorta della concezione della Regalitas così come assunta da Federico II[22]. Secondo l’idea imperiale dell’Hohenstaufen, in linea peraltro con la secolare tradizione cristiana, l’Imperium – la cui funzione peculiare è quella di esercitare la Iustitia – deve considerarsi ciò che, attraverso la promulgazione della Lex, nonché con l’esercizio di controllo sulla sua retta osservanza, in verità non svolge un’attività dal carattere semplicemente legislativo-amministrativo, se non nella misura che tale attività, favorendo l’annullamento della cupiditas umana, costituisce propriamente un re-medium[23] contro l’infirmitas peccati.
Tutto ciò viene peraltro già chiaramente espresso dalla teologia paolina, secondo cui la divina Giustizia di Dio – della cui azione ne è ‘inter-mediatrice’ in ambito temporale, appunto, la Regalitas[24] – non possiede un carattere statico bensì dinamico; l’effetto di questa azione si riversa sull’uomo, che viene in tal modo ‘giustificato’, rinnovato dall’agire di Dio[25]. E poiché la Iustitia è per S. Paolo concetto opposto al peccato[26], ecco che essere sottomesso alla Iustitia implica essere contestualmente libero dal peccato.
Per tutto il pensiero teologico-politico medievale (a partire dalla speculazione agostiniana del De Civitate Dei fino agli inizi del XIV sec.) l’Imperium ed il relativo esercizio della Iustitia (la quale deve propriamente intendersi quale la virtù che ‘attribuisce a ciascuno il suo’) non presumono altro che la possibilità di ‘condurre le cose al proprio fine’: il che, in merito all’uomo, in sintesi significa ‘ottenere la sua salvezza eterna’.
In altre parole, l’esercizio della Iustitia da parte della Regalitas Imperiale, contribuendo alla ‘attivazione piena e completa del sacramento battesimale’, media per l’anima il recupero ontologico del ‘virginale’ stato edenico: cioè quello che era proprio di Adamo, precedentemente al peccato originale; status che è peraltro prerogativa innata dell’Immacolata Concezione. E’ solo dopo aver riguadagnato tale stato, corrispondente al Paradiso Terrestre, che essa anima diviene infatti veramente e completamente pronta per ascendere, dopo il Giudizio finale, alla Gerusalemme Celeste; e ciò, questa volta, sotto l’egida del Sacerdozio attraverso la funzione che è ad esso propria: la gestione del magistero della fede con l’amministrazione dei sacramenti e l’insegnamento dei principi dottrinali.
Non è casuale che, proprio nel giorno della sua Incoronazione ad Imperatore (22 novembre 1220), Federico II promulgasse solennemente, nella stessa basilica di S. Pietro, le prime costituzioni imperiali contro gli eretici.
La sua ortodossia cattolica, ancora oggi troppo spesso messa erroneamente ed ingiustamente in dubbio, viene infatti dimostrata dalla sua esplicita convinzione di incarnare il ‘difensore della vita cristiana’. Sempre autodefinitosi un ‘Imperatore cattolico’, egli “…lungi dall’imporre la supremazia del potere laico su quello sacerdotale, riconosceva l’autonomia dei due poteri limitatamente alla propria sfera d’azione e ne vagheggiava l’intima unione nella difesa contro i loro nemici specifici: lo spirito di ribellione rispetto all’Impero e lo spirito d’eresia rispetto alla Chiesa”[27].
Secondo la sua visione sacrale riguardante la propria funzione, “il Principe supremo,…il legislatore terreno, il quale ha il compito di risanare la natura inferma per la prevaricazione del primo parente; l’eletto divino, il quale serve di tramite tra l’uomo naturale e Dio, l’Imperatore, è pertanto come un secondo Messia: è, come lo chiamerà Dante, ‘un nuovo Messia’”[28].
Ad ogni modo, per quanto la più oggettiva ed equilibrata lettura dei documenti storici a noi pervenuti possa senz’altro contribuire alla totale riabilitazione di Federico II nel senso della sua ortodossia cattolica, il castello di Sancta Maria de Monte, a nostro modo di vedere, non solo ne è già la più chiara ed esplicita conferma, ma altresì rilancia, per così dire, quella che noi leggiamo essere la summenzionata sua forte valenza escatologica.
La sussistenza di alcuni aspetti dell’architettura dell’edificio, che non si palesano con evidenza immediata ad uno sguardo esteriore in quanto posti ad un livello di simbologica latenza interna, denotano la fondamentale caratteristica di evocare tutti quei significati che ontologicamente identificano lo stesso Imperatore. E possiamo dire che, come è proprio della natura dei simboli, questi non ‘raccontano’ semplicemente qualcosa, ma piuttosto stabiliscono e fissano, nel reale, l’oggettiva sussistenza di quel qualcosa stesso di archetipico a cui essi stanno alludendo.
Un primo aspetto lo cogliamo già dalla semplice collocazione geografica del castello.
Per comprendere in quale modo ciò avvenga, dobbiamo innanzi tutto introdurre un preambolo rifacendoci agli studi di A. Tavolaro, il quale osserva quanto segue: “…immaginiamo di recarci sul terrazzo di Castel del Monte il dì del solstizio d’inverno e di assistere al sorgere ed al tramontare del sole. Vedremo il sole sorgere circa 32° a destra del punto cardinale EST e tramontare circa 32° a sinistra del punto OVEST (sempre ponendosi col viso rivolto a quei punti cardinali). Torniamo sul terrazzo il dì del solstizio d’estate e vedremo il sole sorgere circa 32° a sinistra del punto EST e tramontare circa 32° a destra del punto OVEST”[29].
In pratica, tracciando su di una circonferenza, che configuri l’orizzonte, due diametri incrociati di cui uno rappresenta l’asse NORD-SUD e l’altro l’asse equinoziale o asse EST-OVEST, e stabilendo inoltre sul bordo della circonferenza quattro punti, due a sinistra e due a destra, che si pongono ciascuno a 32° dalla suddetta linea equinoziale allorché si congiungano questi quattro punti che rappresentano il sorgere ed il tramontare del sole ai solstizi, otterremo un rettangolo eccezionalmente costruito secondo la divina proporzione: cioè a dire con i lati in un rapporto pari al valore del numero d’oro. Ebbene, tale fenomeno si verifica solamente alla latitudine di Sancta Maria de Monte (= 41° lat. Nord).
Seppure tali sorprendenti osservazioni siano interessanti per le implicazioni simbolico-matematiche che ne derivano, esse però rappresentano per noi piuttosto lo spunto per ulteriori approfondimenti. Occorre tuttavia operare un necessario secondo preambolo!
Bisogna ricordare la sussistenza della simbologia dei punti cardinali, in base alla quale, per analogica suddivisione dello spazio e del tempo, l’Est si rapporta alla primavera come l’Ovest all’autunno; d’altro canto, il Sud si rapporta all’estate come il Nord all’inverno. Ciò risulta motivato dal fatto che ogni fenomeno ciclico viene riferito, per analogia, ai movimenti apparenti che il sole effettua nel suo proprio.
Pertanto, considerando che nell’ambito della giornata il sole assume una posizione più alta, una più bassa e due intermedie, così come avviene nell’ambito dell’anno, ebbene, ciascuno dei momenti del primo ciclo va allora simbologicamente a relazionarsi con gli omologhi punti astronomici del secondo. In altre parole: al Sud, punto culmine dell’altezza raggiunta dal sole nella giornata, corrisponde il solstizio estivo, momento culmine dell’altezza del sole nell’anno; parimenti al Nord corrisponde il solstizio invernale, all’Est l’equinozio primaverile e all’Ovest l’equinozio autunnale.
In base a tali considerazioni, congiungiamo allora il punto Sud con i due punti dell’orizzonte in cui il sole sorge e tramonta a Sancta Maria de Monte nel giorno del solstizio estivo (che risulta di sua pertinenza); e allo stesso modo, quelli relativi al solstizio invernale col punto Nord. Otterremo così il contorno di due linee poste ad angolo, i cui estremi noi potremo congiungere fra loro (vd. tratteggio) sia verticalmente che orizzontalmente. Nel primo caso (fig.3) apparirà la raffigurazione del simbolo della losanga o Vesica Piscis; mentre, nel secondo caso, la raffigurazione del simbolo del Sigillo di Salomone[30]!
I due simboli, così ottenuti, sono palesemente riferibili l’uno alla S. Vergine Maria (notoriamente esso racchiude infatti le tre iniziali della salutazione angelica Ave Virgo Maria); mentre il secondo, durante il Medioevo, è stato estesamente associato al Cristo (rappresentando i due triangoli, intersecati fra loro, la doppia natura umana e divina del Signore, nonché la Sua Regalitas davidica).
Una particolarità che evoca un ulteriore aspetto legato alla funzione Imperiale, intesa quale amministratrice della Iustitia nonché mediatrice del recupero dell’umana condizione di purezza edenica primordiale – quella cioè precedente alla caduta dei progenitori -, è legata questa volta alla conformazione geometrica della planimetria architettonica.
E’ stato notato come l’ottagono del cortile di Sancta Maria de Monte non sia regolare. Sussistendo infatti una disuguaglianza tra la lunghezza dei lati posti ad Est e ad Ovest rispetto agli altri, risulta allora che le diagonali condotte tra le estremità dei suddetti lati consentono di aprire al centro del cortile un angolo che, anziché essere di 45° come dovrebbe in virtù del suo rappresentare un ottavo di angolo giro, viene a misurare invece un po’ più di 47°[31].
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Al di là di rappresentare una banale imprecisione nell’edificazione, in realtà tutto ciò si basa sulla necessità di evidenziare una ben precisa simbologia. Tale angolo possiede infatti esattamente il doppio del valore dell’inclinazione dell’asse terrestre, ed è quindi praticamente uguale all’angolo del cono descritto dall’asse del Mondo nel cosiddetto grande anno o anno platonico, altrimenti conosciuto come fenomeno della precessione degli equinozi. Esso esprime la ciclicità temporale per antonomasia, in quanto è in assoluto il più grande periodo di tempo a cui è ciclicamente sottoposta la Terra[32]. Oltretutto, proprio il suo configurarsi lungo l’asse Est-Ovest della planimetria del castello ci garantisce della bontà di tale interpretazione, visto che, come menzionato precedentemente in merito ai rapporti intercorrenti tra i punti cardinali e le stagioni, l’Est e l’Ovest sono appunto quelli relativi agli equinozi di primavera e di autunno.
Orbene, premesso ciò, l’inclinazione dell’asse terrestre, che risulta appunto legata alla precessione, è da parte sua la causa dell’alternarsi delle stagioni. Ciò significa che una ‘fissazione’ in equilibrio della precessione, e quindi il raggiungimento della perpendicolarità dell’asse terrestre, rappresenterebbero una condizione climatica di eterna primavera. Ma poiché la primavera eterna è tradizionalmente considerata simbolo della condizione del Mondo durante l’Età dell’Oro (il cosiddetto saeculum aureum), ovvero del periodo di soggiorno dei progenitori nell’Eden, il giardino posto ‘a oriente’[33], ecco apparire da tutta questa simbologia l’allusione al succitato status ontologico di purezza primordiale che la funzione dell’Imperium è chiamata a ripristinare – ad immagine della S. Vergine Immacolata – tramite l’esercizio intermediatore della Iustitia, nonché ad un’attivazione piena e completa del sacramento del Battesimo[34].
Rinviando a dopo il soffermarci sul peculiare rimando ‘battesimale’ esplicitato dalla Fonte d’acqua un tempo esistente al centro del cortile, la cui posizione rappresenta appunto il fulcro dell’angolo di 47° che è simbolo della precessione equinoziale, nel frattempo proseguiamo invece nella disamina della planimetria dell’edificio.
Possiamo notare come ad esempio non sia affatto casuale la disposizione con cui sono stati dislocati gli accessi in torre presenti nelle otto sale del pianoterra e del primo piano.
Come ben si evidenzia dalle planimetrie riprodotte qui di seguito, apparentemente non sembrerebbe esservi nessuna predeterminata logica adoperata nella scelta di tale dislocazione, se non quella suggerita semplicemente da esigenze d’ordine funzionale. Ma a ben vedere, le cose non stanno precisamente così!
Difatti, ponendo in relazione le sale che posseggono uno stesso numero di accessi in torre (e possiamo riconoscerne di tre tipi: sale con 2 accessi, sale con 1 accesso soltanto e sale con nessun accesso) e congiungendo tra di esse quelle omologhe che si fronteggiano, poniamo in luce la sorprendente logica di un latente reticolato geometrico, che assume al pianoterra le connotazioni di un quadrato ed al primo piano quelle di una stella ad 8 raggi [35], la quale è data dall’intersezione di due croci e rimandando quindi ad un ottagono. Ecco come si presentano pertanto tali configurazioni:
La sussistenza di una conformazione evocante la quaternarietà a pianoterra e l’ottagonalità al primo piano, fa presumere la volontà di impiantare la struttura architettonica dell’intero edificio secondo un procedimento ascensionale che conduca dalla dimensione ontologica ‘terrena’ (quadrato) a quella ‘celeste’ (cerchio) attraverso uno ‘stato intermedio nonché di intermediazione’ (ottagono). Mancherebbe a prima vista il terzo livello: quello circolare-celeste; sennonché possiamo qui ipotizzare o che a tale simbologia assolvessero quelle minime strutture architettoniche oggi non più apprezzabili seppur documentate come presenti sul terrazzo, nel vano di alcune torri[36], oppure che a tale livello corrispondesse, già di per sé, l’immensità del Cielo reale[37].
Comunque sia, che l’edificio sia stato architettonicamente strutturato applicando il ‘disciplinamento di un itinerario ascensionale’ lo attesta altresì la presenza di quelli che sono stati riconosciuti come ‘percorsi obbligati’ all’interno delle sue sale.
Già da tempo era stata notata da G. De Tommasi, pur senza arrivare ad inquadrare organicamente il significato di ciò, una particolare fisionomia delle porte di intercomunicazione tra le diverse sale: queste posseggono da un lato una facciata più decorata (e quindi reputabile come più importante) e dall’altro lato, viceversa, una meno decorata (e perciò meno importante)[38]. Ciò ha indotto a pensare, a ragione, che in tal modo venga suggerito il senso di marcia tramite cui effettuare il loro attraversamento; il quale va pertanto a svolgersi sempre e solo secondo il verso dei lati delle porte riconosciuti come principali![39]
A sancire definitivamente la giustezza di questa intuizione sta il fatto che i percorsi vanno sistematicamente a confluire nelle sale provviste di camino, evidenziando quindi non certo una casualità, bensì la premeditata intenzione di uniformarsi ad un particolare significato simbologico.
C’è da aggiungere che alla stessa regola dei sensi di percorso concorrono altresì sia i portali di pianoterra, che pongono in comunicazione l’interno del castello con il cortile, sia le porte-finestre del primo piano, che in origine collegavano a loro volta l’interno con un ballatoio (oggi oramai non più esistente); il quale, posto all’esterno a mezza altezza delle pareti, girava lungo l’intero perimetro sempre del cortile!
Ma sarà possibile apprezzare tutto ciò, osservando le seguenti planimetrie[40]:
C = sala con camino Da tali planimetrie potrebbe riscontrarsi un’incongruenza relativamente al fatto che una delle sale terminali dei percorsi, precisamente quella del primo piano che è posta ad Est (sopra il portale d’ingresso), non è fornita di camino. In realtà, più che di un’incongruenza si tratta di un’eccezione, dato che qui siamo al cospetto di quella che può senz’altro ritenersi la sala principale del castello: la cosiddetta sala del trono! E vedremo di seguito come tale denominazione, derivata da una tradizione puramente orale – la quale da alcune parti verrebbe considerata proprio per questo infondata -, in realtà ha tutte le sue ragion d’essere!
Sulla base di questo presupposto ci è stato possibile sviluppare il discorso, giungendo non solo a confermare la del tutto intenzionale strutturazione secondo percorsi obbligati, ma altresì individuandone ulteriori ragioni e significati.
Riprendiamo in considerazione il reticolo del pianoterra, nel quale non solo è possibile riconoscere la tradizionale Tavola da disegno utilizzata dai ‘mastri costruttori’ delle corporazioni medievali per schizzare le proiezioni orizzontali del manufatto da edificare, ma ravvisiamo pure la figura della cosiddetta Tavola di Teone, o Tripartita[41]. Essa è una disposizione, secondo tre terne, delle prime nove cifre della decade, le quali nella concezione pitagorico-platonica sono gli unici numeri a meritare attenzione in quanto rappresentano la totalità sintetizzata delle numerazioni possibili, e quindi la totalità del Mondo.
Tra le principali notevoli caratteristiche numeriche di tale Tavola dobbiamo sottolinearne particolarmente due:
- ogni numero il quale si trovi in mezzo ad altri due, in senso sia orizzontale che verticale o diagonale, ne è la media aritmetica;
- ogniqualvolta si addizionino tre numeri posti in fila, sia orizzontale che verticale o diagonale, purché passante per il centro occupato dal 5, il valore sarà sempre pari a 15 ( e si ricordi che il n.15 è un’estensione del 5, in quanto dato dalla somma delle prime cinque cifre: 15 = 1+2+3+4+5).
In pratica, possiamo dire che di tutti i numeri della Tavola il n.5 è proprio quello più importante; la qual cosa è desumibile oltre che dal fatto che esso occupa la posizione centrale e che inoltre garantisce l’ottenimento di somme sempre pari a 15, sua estensione simbologica, anche perché è in effetti l’unico numero che risulta essere media aritmetica sia in senso orizzontale che verticale o diagonale!
Se passiamo adesso a considerare la planimetria di pianoterra di Sancta Maria de Monte, noteremo allora il sussistere della possibilità di far coincidere la numerazione data dalle nove caselle della Tavola di Teone proprio con le otto sale, più il cortile interno. Ciò nel seguente modo:
Tale disposizione è derivata molto semplicemente dall’applicare i valori numerici della Tavola di Teone al reticolo tripartito del pianoterra, dopo aver ruotato la medesima su sé stessa; di modo che, mantenendo inalterate le sue caratteristiche numeriche, si è comunque fatto coincidere il n.1 con la sala Est, quella cioè relativa al portale, avendo dato per presupposto che se una sala ci fosse da doversi considerare essere la prima, essa non poteva che essere appunto proprio quella d’ingresso nel castello. Comunque, si vedrà subito come il presupposto si è effettivamente rivelato esatto, perché congruo con tutto quanto si è cercato di dimostrare!
Applicando adesso una suddivisione del pianoterra (fig.12) che tenga conto della presenza degli unici due ‘muri divisori’ posti all’interno, tra le sale, laddove tra le altre vi sono invece delle porte di intercomunicazione (e ci riferiamo quindi ai muri posti tra le sale n.1 e n.2, nonché tra le sale n.4 e n.7), è possibile constatare che nel prolungamento di tali muri si viene a costruire una croce che divide l’intera planimetria in quattro sezioni di due sale ciascuna: a) settore 1 – 4 ; b) settore 7 – 8; c) settore 9 – 6; d) settore 3 – 2.
Orbene, apparirà innanzitutto chiaro che in tal modo (e solo tramite la Tavola di Teone) ogni settore avrà un valore, dato dalla somma delle sale che lo costituiscono, che è pari a 5 oppure a 15 :
1 + 4 = 3 + 2 = 5 ; 7 + 8 = 9 + 6 = 15
(ed il rimando alla simbologia del 5 e del 15, sua estensione, appare insomma più che esplicito).
Ma la cosa veramente interessante, oltre a ciò, è che i settori individuati dalla suddivisione a croce mantengono intatta anche la giusta progressione ritmica di quei percorsi obbligati che sono presenti nella successione delle sale del castello.
In pratica, come si palesa nella figura appena proposta, chi entra dal portale non ha che da percorrere le sale 1 – 4, compiendo quindi un percorso che vale in totale: 1 + 4 = 5.
Fatto ciò, l’unica via possibile è allora l’uscita nel cortile, che vale già di per sé 5!
A questo punto il nostro cammino può scegliere tra due alternative: o attraversare il portale interno del cortile che ci conduce nella sala 8, dopo di che il percorso ci obbliga verso la sala 7, per un totale quindi di: 8 + 7 = 15; oppure attraversare l’altro portale interno del cortile che ci conduce invece nella sala 3, dopo di che sempre il percorso ci obbliga verso la sala 2, per un totale questa volta di: 3 + 2 = 5.
Chi invece entrasse dall’esterno attraverso il portone secondario, posto sul lato Ovest del castello, trovandosi in sala 9 si vedrebbe obbligato dal percorso a dirigersi verso la sala 6, per un totale di: 9 + 6 = 15[42].
Resta insomma confermata l’adesione della planimetria del pianoterra all’esplicitazione di una simbologia che rimanda ai nn.5 e 15; e ne è ulteriore e definitiva conferma il fatto che perfino le uniche tre sale che comunicano con il cortile interno, le quali proprio per questo si pongono in un’evidenza particolare in tutto il contesto, posseggono dei valori la cui somma è ancora una volta 15, ossia: 4 + 8 + 3!
Da tutte queste osservazioni appare quindi ancor più chiaro quanto essa planimetria non sia stata concepita per obbedire meramente a contingenze d’utilizzo pratico, né tanto meno essa sia frutto di casualità. In realtà la dislocazione degli ambienti, secondo la disposizione suggerita dalla Tavola di Teone, intende divenire analogica espressione di questa, traendone la sua propria valenza simbolica: ovvero quella di immagine complessiva sia del Mondo che del suo Centro, del suo Omphalòs!
Si noterà difatti che il centro del quadrato tripartito, figura geometrica che è già di per sé terrestre, è occupato dal n.5, a sua volta legato al microcosmo in quanto frutto della somma di 2 (primo numero pari e perciò di carattere cosmogonicamente ‘femminile’) più 3 (primo numero dispari e perciò di carattere cosmogonicamente ‘maschile’)[43].
Il n.5 (e per estensione anche il n.15) non solo indica la centralità e quindi la completezza del microcosmo, ma spostando la sua valenza in un’ulteriore prospettiva, risulta assumere un significato ed una funzione ‘ierogamica’: cioè di unione sacrale Terra-Cielo a cui sono rispettivamente associabili i nn.2 e 3[44]. Tale ‘ierogamia’ si riallaccia pertanto a quello che, in ambito cristiano, è per antonomasia il vero e più sacro ‘matrimonio tra Terra e Cielo’: quello cioè avvenuto tra la S. Vergine Maria e lo Spirito Santo; per la qualcosa la S. Vergine ha assunto la propria funzione di ‘Mediatrice’.
Oltre a ciò, essa ‘ierogamia’ allude pure a quella che è la funzione di ‘intermediazione’, tra le dimensioni temporale e spirituale dell’uomo, svolta propriamente dall’Imperatore; e ciò in analogico parallelismo con quella del Pontefice sacerdotale, che la svolge tra l’uomo in toto e Dio, e pertanto con analoga funzione ‘vicariale’ nei rispetti di Cristo. Come vedremo tra breve, sia il n.5 che la pentagonalità costituiscono in effetti un ulteriore aspetto numerico-simbolico che, accanto all’ottagonalità, rimane di fondamentale pregnanza nell’architettura e quindi nel significato di Sancta Maria de Monte[45].
Tornando invece ai percorsi obbligati, possiamo operare alcune ulteriori riflessioni. Intanto va detto che essi possono interpretarsi come l’atto di ‘disciplinare un processo’; il che equivale a dire: ‘stabilire ed applicare delle norme che ne regolino lo sviluppo evolutivo’. Pertanto, la circostanza secondo cui l’attraversamento dello spazio architettonico di Sancta Maria de Monte si attui secondo modalità che predeterminano ‘ritmicamente’ un intrinseco simbolico valore (sia qualitativo che quantitativo), configura innanzitutto la replica analogica di quanto operato ‘normativamente’ dalla Lex divina del Creatore, al momento della Creazione, per stabilire e fissare l’ordinamento del Creato.
Codesto intervento divino, nella costituzione ordinata del Mondo, è riconducibile a quella che nelle Scritture si indica come la Sua Sapienza. Essa è “artefice di tutte le cose”[46], ed “era presente quando (Tu Dio) creavi il mondo”[47]; inoltre è ciò che ha “regolato ogni cosa in misura, numero e peso”[48]. La Sapienza “penetra tutti gli spiriti…si diffonde e penetra ogni cosa. E’ infatti un’emanazione della potenza divina ed un effluvio genuino della gloria di Dio…splendido riverbero della luce eterna, specchio puro dell’attività di Dio, immagine della sua bontà. Sebbene sia unica, può tutto, pur rimanendo in sé stessa”[49]. La Sapienza quindi indica il Mondo quale ‘Creazione ordinata nella quantità’: in quanto regolato in misura, numero e peso; nonché indica Sé stessa quale ‘Artefice ordinante nella qualità’: in quanto dotata di potere penetrativo in tutto, pur rimanendo ‘Unica’ in sé stessa.
Il rapporto tra Sapientia e Regalitas, e quindi l’Imperatore, si evince peraltro direttamente da quegli ulteriori passi biblici in cui Essa così parla: “Ascoltate o Re…dal Signore vi è dato il potere e dall’Altissimo vi è affidata la sovranità: Egli esaminerà le vostre opere e scruterà i vostri disegni’[50]; “…l’amore è osservare le Leggi di Lei, l’obbedire alle Sue Leggi è garanzia di incorruzione, e l’incorruzione ci avvicina a Dio: quindi il desiderio della Sapienza innalza al Regno. Se dunque, o reggitori di popoli, vi piacciono troni e scettri, apprezzate la Sapienza, per regnare in eterno”[51].
Tale adesione alla Sapienza, da parte del Sovrano, oltre che essere esplicitata attraverso la promulgazione di Leggi che siano pienamente conformi con la Iustitia, può quindi manifestarsi anche tramite atteggiamenti impliciti che denotano una certa qual valenza ‘liturgica’. Ed è proprio questo, insomma, che Federico II intende attuare anche attraverso i percorsi obbligati. Essi non per caso vanno a confluire proprio nelle sale munite di camino, dato che nemmeno la presenza di tali camini può essere spiegata alla luce di un loro utilizzo meramente pratico-funzionale (riscaldamento o cottura delle vivande). Lo desumiamo sia dal fatto che essi non sono dislocati in tutte le sale (cfr. fig.10), sia perché essi sono di dimensioni insufficienti per presumere di costituire le cucine di un così grande edificio. In verità, poiché in virtù della loro ‘cappa’ i camini sono simboli di ascesa assiale, di elevazione e di innalzamento diretto dall’uomo a Dio lungo l’Axis Mundi (ossia ciò che unisce il centro della Terra col centro del Cielo), ebbene anche questo denota lo stabilirsi di una conformità con l’Ordine Universale e quindi, implicitamente, anche con la Sapienza.
A ben vedere, è possibile interpretare la simbologia dei camini non solo sotto il loro aspetto per così dire ‘dinamico’, ma anche attraverso la considerazione ‘statica’ del loro posizionamento all’interno dell’intera struttura.
Innanzitutto, non casualmente essi sono in numero di 5: ossia 2 a pianoterra e 3 a primo piano ( > ). Sovrapponendo poi la dislocazione delle sale dei due livelli in cui essi si trovano, notiamo l’implicito e consapevole riferimento al noto simbolo del pentagramma.
Che ciò non sia nemmeno da addebitare al fortuito caso, lo desumiamo dal fatto che un medesimo riscontro lo otteniamo valutando la posizione delle cisterne d’acqua presenti nel corpo di alcune torri a livello del terrazzo ( > ). Anche le cisterne sono 5 e così dislocate:
Medesimo discorso, infine, si può fare per i portali interni e le porte-finestre che si affacciano nel cortile interno, sebbene questa volta tali elementi siano in realtà in numero di 6: ovvero 3 per ogni piano ( > ). Infatti, in quanto un portale di pianoterra ed una porta-finestra del primo piano occupano lo stesso lato del cortile, se sovrapponiamo le planimetrie dei due livelli quelli vengono allora a coincidere, dando modo anche in questo caso di configurare il contorno di un pentagramma.
Sorvolando sull’emblematicità del fatto che tale triplice pentagramma rimandi contestualmente ancora una volta anche al n.15 (= 5+5+5), andiamo a verificare come si possa ritrovare tale ‘implicito’ e latente riferimento a tale medesima simbologia anche in un ulteriore elemento architettonico. (FINE PARTE PRIMA)
NOTE
[1] In virtù della lunghezza propria dell’anno solare e dell’avvicendarsi degli anni bisestili, la ciclicità calendariale prevede che, nella fattispecie, il coincidere del 22 novembre con l’ultima domenica prima dell’Avvento avvenga secondo quattro variazioni periodiche che si alternano con una successione fissa. A partire dal 1220, tale successione risulta costantemente così ripetuta: 6, 11, 6 e 5 anni.
[2] E’ possibile verificare ciò anche solo consultando empiricamente il seguente ‘calendario perpetuo’ on-line: http://calendario.eugeniosongia.com/calendarioperpetuo.htm.
[3] J. Chevalier – A. Gheerbrant, Dizionario dei Simboli (Vol. I), Biblioteca Universale Rizzoli, 1992, p. 242.
[4] ‘Io guardai ancora ed ecco una nube bianca e sulla nube uno stava seduto, simile a un Figlio d’uomo; aveva sul capo una corona d’oro e in mano una falce affilata’ (Ap 14,14).
[5] Cfr. Ap 1,8; 21.6; 22,13.
[6] Va incidentalmente notato come 800 sia proprio il valore gematrico della parola κυριος (= 20+400+100+10+70+200), che traduce per l’appunto Signore. Pertanto il binomio Alpha e Omega, sempre alla luce di una lettura gematrica, significa: ‘Primo Signore’, ovvero ‘Unico Signore’. Non è senza significato che con κυριος si traduca anche Imperatore.
[7] Is 44,6.
[8] Ap 1,5.
[9] Introdotta da Pio XI nel dicembre 1925, fu inizialmente assegnata all’ultima domenica di ottobre. Nel 1969 fu poi spostata e fissata da Paolo VI nell’ultima domenica prima dell’Avvento, cioè nell’ultima dell’anno liturgico: a significare in tal modo il ‘coronamento’ del medesimo. E’ interessante osservare che tale spostamento avvenne con l’introduzione del Messale romano riformato, il quale entrò in vigore il 30 novembre 1969 in concomitanza della Prima domenica di Avvento di quell’anno. Di conseguenza, la prima festa di Cristo Re posta a ‘coronamento’ dell’anno liturgico si ebbe nel successivo anno 1970. Quindi, ad avvalorare ancor più la particolare significativa pregnanza rappresentata dal 22 novembre 2020, ciò significa che tale data non soltanto coincide con l’Ottocentenario dell’Incoronazione Imperiale di Federico II, ma pure con il Cinquantenario (metà secolo) della collocazione della festa di Cristo Re, appunto nell’ultima domenica prima dell’Avvento.
[10] Volendo operare una valutazione metastorica, osserviamo come il 1620 si ponga pressoché agli inizi della ‘Guerra dei Trent’anni’. Tale momento storico, foriero di enormi devastazioni, non solo ha comportato per l’Europa una gravissima crisi socio-politico-economica – da molti definita addirittura ‘apocalittica’ –, che mai più si è ripetuta fino alle due guerre mondiali del ‘900; ma, in particolare, ha rappresentato per il Sacro Romano Impero l’attuarsi definitivo di quell’insanabile processo di profonda dissoluzione del suo potere. Ciò porterà infatti l’Impero ad assumere ormai l’aspetto di un semplice Stato moderno; e contestualmente verrà mortificata in maniera definitiva la sua prerogativa di estendere il proprio imperio cattolico su tutta l’Europa, col rendere a sé subalterne anche le nazioni protestanti.
[11] Il cognome dell’ultimo Pontefice parrebbe contenere un evidente ‘segno’ in tal senso. Bergoglio, infatti, ad una lettura interiore, può essere interpretato quale unione di Berg + oglio, che letteralmente significa ‘Monte dell’olio’, denotando, per questo, un chiaro riferimento all’evangelico Monte degli Ulivi, nonché al giardino situato alla sua base: il Getsemani, che significa ‘frantoio’ e che fu il luogo dell’agonia del Signore.
Il radicale indoeuropeo –berg, ‘monte’, è estesamente presente, con tale significato, nella toponomastica ed in diverse espressioni dialettali del Piemonte, dalla cui regione origina appunto il cognome Bergoglio.
[12] Cfr. Lc 22,38.
[13] J. Chevalier – A. Gheerbrant, Dizionario dei Simboli (Vol. I), op. cit., p. 242.
[14] Cfr. Gen 7,7; 1Pt 3,20-21.
[15] Per un’ulteriore contingenza metastoricamente degna di rilievo, il beato Carlo d’Asburgo, ultimo Imperatore del Sacro Romano Impero, allorché costretto all’esilio morirà nell’isola portoghese di Madera nel 1922 ed ivi tumulato nel Santuario mariano di Nostra Signora del Monte (!!!).
[16] La sua presenza è attestata fino al 1700: cfr. E. Merra, Castel del Monte, terza ediz., Molfetta, 1964.
[17] Cfr. F. Sarlo, Il Castel del Monte in Puglia e le riparazioni ora fatte per ordine del Ministero della pubblica Istruzione, Firenze, 1885.
[18] Il più antico documento pervenutoci, in cui appare menzionata la denominazione di Sancta Maria de Monte, è una lettera di Federico II risalente al 1240. Cfr. Huillard-Bréholles J.L.A., Historia Diplomatica Friderici Secundi, vol. V, Paris 1859, p. 697. Per contingenze d’ordine simbologico che non staremo qui a precisare, l’edificazione del castello a noi risulta risalire ad almeno 12 anni prima.
[19] Cfr. Domenico da Gravina, Chronicon de rebus in Apulia gestis, 1333-1350, in ‘Rerum Italicaricum Scriptores’, Città di Castello, 1904.
[20] Cfr. E. Merra, op. cit.
[21] Cfr. C. Intini, S. Maria del Graal, fondamenti simbolico-sacrali di Castel del Monte, Ed. Il Leone Verde, 2002.
[22] La più esaustiva e corretta trattazione dell’argomento è quella di A. De Stefano, L’idea imperiale di Federico II, Ed. all’insegna del Veltro, Parma, 1978.
[23] E’ sintomatica l’ambivalenza del termine remedium, in cui compare sia il riferimento al verbo medeor, ‘medicare, sanare’, che all’aggettivo medium, che indica ‘ciò che sta in mezzo, al centro’.
[24]‘Chi si oppone all’Autorità resiste all’ordine stabilito da Dio…Essa è infatti ministra di Dio per il tuo bene…non per nulla essa porta la spada: è infatti ministra di Dio, esecutrice di giustizia contro chi fa il male’ (Rm 13,2.4).
[25] ‘…per manifestare la Sua Giustizia nel tempo presente, in modo da mostrarsi Giusto Lui, e giustificare chi ha fede in Gesù’ (Rm 3,26).
[26] ‘Quale relazione può esserci tra la Giustizia e l’iniquità?’ (2Cor 6,14).
[27] A. De Stefano, Federico II e le correnti spirituali del suo tempo, Ed. all’insegna del Veltro, Parma, 1981, p. 126.
[28] A. De Stefano, L’idea imperiale, op. cit., p. 49.
[29] A.Tavolaro, Una stella sulla Murgia, in ‘Castel del Monte’, di AA.VV. – Adda Editore, Bari 1981.
[30] Abbiamo sintetizzato con delle sigle i seguenti significati: S.E. e S.I. = Solstizio Estivo e Solstizio Invernale; A. e T. = Alba e Tramonto.
[31] Fig. tratta da A. Tavolaro, op.cit.
[32] Va ricordato che in tutte le cosmologie esso è considerato il periodo che trascorre tra due rinnovamenti del mondo.
[33] Cfr. Gen 2,8.
[34] A tal proposito, si può specificare dicendo che se il Battesimo va inteso come “…virtualità, cioè come facoltà che può essere agita o non, e di cui si prende atto”, nel caso di una sua piena e completa attivazione “…quella virtualità viene posta in essere mediante un comportamento che coinvolge intelletto e volontà, determinazione che…attiva con consapevolezza e risolutezza ciò che già (si) possedeva, ma in modalità virtuale e inoperante” (A. Scali, Dante pietra d’inciampo, Ed. Il Cinabro, Catania 2008, p. 132). Intesa la questione in tal senso, non si tratta dunque di due differenti Battesimi, ma sempre di uno solo ed unico. Anche volendoli rispettivamente configurare secondo la duplice distinzione di Battesimo nell’acqua e nel fuoco, va chiarito che la piena e completa attivazione battesimale operata nel secondo avviene, potremmo dire, mediante ‘liberazione di un fuoco che è già latente nell’acqua’.
[35] Incidentalmente dobbiamo segnalare che tale simbolo esprime il Centro del Mondo, l’Omphalos. Tra gli altri, fu rilevato da Charbonneau-Lassay tra i graffiti templari di Chinon e da J. Loth sul betilo celtico di Kermaria.
[36] Cfr. Troyli, Istoria del Reame di Napoli, Napoli, 1749; citato in A. Avena, Monumenti dell’Italia meridionale, Roma, 1902.
[37] Per la verità, a queste due ipotesi si potrebbe aggiungerne una terza di carattere più sottile: e cioè che la caratteristica peculiare del ‘terzo livello’ fosse l’invisibilità.
[38] Cfr. G. De Tommasi, I restauri tra leggenda e realtà, in ‘Castel del Monte’, di AA.VV., op.cit.
[39] Ciò viene peraltro confermato anche dal verso in cui è orientata l’apertura dei battenti.
[40] Figg. tratte da S. Mola, Castel del Monte, Adda Ed., Bari.
[41] Teone di Smirne fu un matematico greco del II sec. d. C. Di lui ci è pervenuto il Trattato sulle cose utili per la lettura di Platone.
[42] Per la verità, dalla sala 9 il percorso non vieta di dirigersi anche verso la sala 8; e si potrebbe pensare che ciò venga a dar luogo ad un’incongruenza, dato che 9 + 8 = 17!! Ma in realtà, quello di cui qui si tratta è un’eccezione, più che una contraddizione; intanto perché in quel modo si verrebbe ad attraversare il prolungamento di un braccio della croce senza aver ultimato il settore che esso delimita, la qual cosa non è nei presupposti che abbiamo dato; ed inoltre, fatto ancor più decisivo, il 9 che si dirige all’8, che a sua volta si dirige al 7, dà luogo all’unico caso in cui tre sale contigue e comunicanti abbiano una numerazione progressiva: 9 – 8 – 7. Vi sarebbe poi anche il caso 1 – 2 – 3, ma qui non sussiste intercomunicazione tra le sale 1 e 2.
[43] Il n. 1 non è il primo numero dispari perché, platonicamente e pitagoricamente parlando, è espressione del Principio creatore.
Va ancora notato, a conferma della centralità intermediatrice del n.5, come esso sia proprio il numero che viene a trovarsi esattamente nel mezzo delle prime nove cifre: 1 – 2 – 3 – 4 – 5 – 6 – 7 – 8 – 9 .
[44] Un retaggio di tale simbolismo è rimasto nell’usanza profana di confezionare con 5 confetti le bomboniere matrimoniali.
[45] Attraverso il simbolo della rosa, costituita da 5 petali, abbiamo un ulteriore esplicito riferimento del n.5 alla figura della S. Vergine Maria.
[46] Sap 7,21.
[47] Sap 9,9.
[48] Sap 11,20.
[49] Sap 7, 24-27.
[50] Sap 6,1-3.
[51] Sap 6,18-21.