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Riscopriamo José Antonio Primo de Rivera: El Cid in camicia azzurra (di Comunità Militante ‘Coscienza e Dovere’)

 

Preambolo della Redazione

L’articolo che andiamo a proporre, apparso nel 2021 sul blog ‘lamiccia.com’ a firma della Comunità Militante ‘Coscienza e Dovere’, tratta di uno tra quei più combattivi protagonisti dell’ultimo periodo di gloria di questa nostra stanca Europa, che già vide nella Guardia di Ferro romena, e nel suo capo Corneliu Zelea Codreanu (1899-1938), la massima espressione di un cristianesimo solare e combattente, purtroppo cancellato dai colpi della tenaglia marxista da un lato e liberal-capitalista dall’altro.

Era l’epoca in cui la ‘sovversione’ non usava ancora metodi subdoli e psichici, come oggi, ma zittiva l’avversario direttamente con l’assassinio: come avvenne proprio a Codreanu, vilmente strangolato dai suoi secondini, in una notte d’inverno e in una buia foresta, durante un trasferimento da una prigione ad un’altra.

Sorte analoga toccò, in Spagna, a José Antonio Primo de Rivera (1903-1936), il fondatore della Falange Spagnola: movimento politico, sindacale e culturale cattolico, unico ad opporsi tanto al marxismo quanto al capitalismo, nonché uno tra i principali protagonisti della guerra civile spagnola, di cui lui, peraltro, auspicava l’immediata conclusione onde evitare ingiusti ed inutili spargimenti di sangue spagnolo. Egli fu sbrigativamente fucilato in carcere, prima che il governo, in quello stesso giorno, potesse commutare la pena di morte in una detentiva.

La Falange era prima di tutto un movimento d’ordine spirituale, portavoce di quella cattolicità ‘Regale’ volta a riaffermare i valori della Tradizione luminosa ed eterna, dalla quale la nostra Europa si è ormai del tutto allontanata negli ultimi decenni. Egli fu uno di quei lampi che hanno rischiarato i cuori di milioni di fratelli, in tutto il continente, riuniti sotto insegne diverse ma tutti con gli stessi simboli (per quanto riguarda l’Italia, ritroveremo ad esempio lo stesso spirito e gli stessi simboli nella Scuola di Mistica Fascista).

I suoi sprazzi di luce hanno tuttavia ancora la forza, per chi li voglia cogliere, di illuminare la mente e il cuore verso i ‘valori eterni’. Le sue parole, le sue riflessioni, la sua esemplare testimonianza risultano ancor più utili, significative e istruttive proprio in quest’epoca oscura che oggi viviamo, dominata come essa è da una società mercantilista, individualista, borghese, materialista e transumanista.

In essa il liberismo, gestito e pilotato da occulte élites oligarchiche, dopo aver ingurgitato in sé e superato tanto le ideologie marxiste quanto quelle fasciste, ha manifestato come proprio fine ultimo quello di sottomettere il mondo ad un transumano globalismo, ad un ‘nuovo ordine’ privo di qualunque sano ideale di libertà, pace, giustizia e fede.  

Sintomatico, a tal proposito, è che anche termini come ‘fascismo e comunismo’, ‘destra e sinistra’, in verità oggi abbiano ormai perso un qualunque proprio senso, essendo stati essi svuotati sino al punto di divenire soltanto dei vuoti simulacri, tuttavia utili per coloro che posseggono tutto l’interesse a continuare a mantenere i popoli divisi con sé stessi e, quindi, a rimanere ancor meglio sottomessi alle oligarchie medesime.

L’obiettivo principale della Falange, come sosteneva il suo fondatore, era prima di tutto la formazione di un “Uomo Nuovo”, che fosse al contempo guerriero e monaco: una sintesi di virilità e spiritualità che incarnasse i valori eroico-solari sempiterni della ‘stirpe iperborea’. Un Uomo che, solo allorché liberato dalla febbre del denaro, della produzione meccanicista, del laicismo, avrebbe ritrovato il proprio ‘centro spirituale’ per rendere così il ‘sociale’ più degno di essere vissuto.

Dio solo sa quanto oggi abbiamo necessità di quel tipo d’Uomo, quando vediamo lo spettacolo orribile offerto dall’ipocrisia ‘democraticista’, frutto di una civiltà occidentale corrotta e menzognera, di una Europa serva e decaduta, dove anche gli epigoni della cosiddetta “destra” sono in tutto e per tutto simili ai loro finti avversari: nelle forme, negli obiettivi e nei contenuti. Capetti crepuscolari, inglobati dall’élite mondialista quale ciechi servi di ben altri veri padroni, dissolti nella libido dominandi atlantista che li manipola per essere incantatori di masse atee ed amorfe.

Sul mondo codardo ed avaro, senza giustizia né bellezza né Dio, imponiamo l’artiglio del solare impero spagnolo”.

È così che recita una strofa dell’inno della Falange Spagnola “Cara a Sol” (Faccia al Sole); ed è solo dall’artiglio di un “Uomo Nuovo”, il quale rifaccia l’Impero, che la nostra civiltà europea potrà essere salvata.

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I caduti per la Tradizione e per la sua Rivoluzione sono molti, e non tutti sono conosciuti. Per questo meritano l’attenzione di noi vivi, per essere riscoperti e cercati affinché questo mondo non perda coraggio e il loro percorso terreno non sia visto come “casuale” per finire disperso, poi, come cenere nell’aria. C’è un disperato bisogno di eroi, è il cielo che con la sua pioggia incessante ce lo urla, è la vita quotidiana che con le continue restrizioni che subisce ce ne sta dando atto, sono le voci di tutti quei caduti, ribelli, rivoluzionari, camerati ed eroi d’altri tempi che ci chiamano silenziosamente ma con forza all’appello. Perché l’antica catena che ci lega ai nostri avi non si interrompa, e questo mondo non sprofondi definitivamente nel baratro dell’anti-tradizione, senza più radici e valori, ma solo con dati digitali e chiacchiere.

Per questo la figura limpida, solare, sconosciuta quanto stupefacente di Josè Antonio Primo de Rivera e del suo movimento – la Falange spagnola – sono per noi figure degne di ricordo e meritevoli di una riscoperta che, siamo certi, possono indicare ancora oggi una strada per una concreta rinascita, oltre la crisi a cui il sistema ci sta imponendo di soccombere.

È il 20 novembre 1936, la guerra civile che dilania le membra della millenaria Spagna e del suo popolo è iniziata solo da 4 mesi, ma i morti e la durezza della guerra sono all’ordine del giorno. Il giovane Josè Antonio Primo de Rivera è stato incarcerato dal governo comunista perché colpevole di essere il capo del movimento che dà più filo da torcere alla dittatura che vorrebbero instaurare in Spagna. La “Falange” infatti è un movimento giovanile e rivoluzionario che, basandosi sulla difesa dell’identità della Spagna Cristiana, raccoglie attorno a sé giovani, uomini e donne, lavoratori, soldati, intellettuali, unendo il popolo sotto i simboli e i valori della Tradizione e sbalordendo così chi vorrebbe fare della Spagna una terra atea e lontana dal suo antico retaggio di cultura e bellezza spirituale per abbracciare la retorica (malata) del comunismo e dell’anarchia. Il popolo è diviso in una guerra che vede contrapposti padri e figli, nonni e nipoti, fratelli e sorelle, fronteggiandosi a vicenda.

Primo de Rivera, consapevole delle sue radici, vuole pacificare il suo popolo e ridargli “Patria, pane e Giustizia” attraverso la lotta che la Falange svolge in tutta la nazione. Ha 33 anni ed è già un avvocato di successo; ma la lotta che ha deciso di intraprendere per la liberazione della Spagna vale più della sua stessa vita. È ispirato dagli eroi nazionali e dai Santi che lo hanno preceduto: è figlio di una visione del mondo solare, non vuole e sente di non poter vedere morire la sua terra, ammalatasi per mano dei pigri e degli indolenti, dei capitalisti e degli approfittatori, nonché di tutti quelli che vedono nel materialismo la sola ragione di vita, ergendo il comunismo a nuovo vangelo e la divisione ideologica come nuovo modo di costruire la società. Primo de Rivera era l’avvocato dei poveri: anche se di buona famiglia non era interessato ad altro che non fosse la crociata per riconnettere spiritualmente la Spagna e le sue popolazioni a quell’antica eredità e missione che l’ha fatta trionfare e splendere.

Con i suoi discorsi ha infuocato gli animi, con gli articoli ha illuminato le menti dei suoi connazionali. I falangisti, lottando nelle strade delle città e dei villaggi, riuscirono a dar vita al solo movimento anti-ideologico, nato per superare le categorie politiche e le loro divisioni, per ridare pace e forza alla terra di Spagna contro gli interessi dei politicanti che stavano giocando sulle vite e le speranze del popolo. Da questo si può capire perché questo giovane spagnolo fosse soprannominato “el Cid in camicia azzurra”: el Cid come il mitico cavaliere e condottiero medievale spagnolo, vissuto tra il 1040 e il 1099, pseudonimo di Rodrigo Díaz de Bivar, nobile castigliano, guerriero e figura leggendaria della Reconquista spagnola, signore di Valencia dal 1094 fino all’anno della sua morte. E “in camicia azzurra” perché quella fu la divisa scelta dai falangisti per identificarsi. Un nuovo eroe era nato e stava vivendo in Spagna. La sua vita era per la lotta e questa era dedicata alla nuova “Riconquista” religiosa ed eroica del paese.

Ma proprio il 20 Novembre del 1936, a soli 33 anni, il fondatore della Falange spagnola baciava col sangue il suolo della sua amata terra, seguendo lo stesso percorso degli eroi nazionali che nei secoli lo hanno preceduto, e che lo hanno ispirato all’azione durante la vita.

«Vogliamo meno chiacchierio liberale e più rispetto per le vere libertà dell’uomo. Perché si rispecchia la libertà dell’uomo solo quando lo si considera, come noi lo consideriamo, il portatore di valori eterni; quando lo si considera come l’involucro corporeo di un’anima che è capace di condannarsi o di salvarsi. Solo quando si considera così l’uomo, si può dire che si rispetta veramente la sua libertà e ancora di più se questa libertà si completa (come noi vogliamo) in un sistema di autorità, di gerarchia e di ordine».

Con queste parole, solo 3 anni prima della sua fucilazione, Primo de Rivera dava vita al movimento Falangista, e anche se la sua giovane vita venne spezzata dalla scarica dei fucili nemici, i suoi camerati non si fermarono.

Nei tre lunghi anni di guerra civile il vasto lavoro culturale e il martirio di José Antonio e di molti altri suoi legionari non fu vano, infondendo nei falangisti ardore e determinazione che, appunto, permetterà alla parte migliore del popolo spagnolo la tanto profetizzata “Reconquista” contro i barbari nemici al servizio dell’anti-tradizione.

Per questo è giusto ricordare un passo dell’inno della Falange che veniva cantato, liberando dal comunismo le città divenute trincee:

«Se ti dicono che sono caduto,

me ne sono andato al posto che c’è lì per me.»

Ad 85 anni dal sacrificio, la figura di José Antonio Primo de Rivera non può che brillare ed indicarci la strada da seguire, in un mondo così buio.

(a cura della Comunità Militante ‘Coscienza e Dovere’)

Articolo pubblicato il 20 Novembre 2021 sul sito ‘La Miccia’:

www.lamiccia.com/riscopriamo-jose-antonio-primo-de-rivera-el-cid-in-camicia-azzurra/

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La Comunità Militante ‘Coscienza e Dovere’ ha sede a Pescara e gestisce una libreria presso la quale si possono reperire numerosi testi di Cultura Tradizionale.

Per contatti: coscienzaedovere@gmail.com