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Centenario della morte del Beato Imperatore Carlo d’Asburgo (1 aprile 1922)

 L’Imperatore Carlo e l’Imperatrice Zita

 

Nel centenario della morte del Beato Imperatore Carlo d’Asburgo (1 aprile 1922), il Sodalizio vuole rendere omaggio alla sua grande figura di cattolico e di sovrano.

In memoriam

Il primo giorno del mese di aprile del 1922, muore a Funchal, nell’isola di Madera, l’ultimo Imperatore del Sacro Romano Impero, Carlo I d’Austria, nonché Re Carlo IV d’ Ungheria e Re Carlo III di Boemia. Ricorre quindi, in questo 2022, il centenario della sua morte: propizia occasione, quindi, per poter ripercorrere le tappe principali della vita di una figura storica così fondamentale per l’Europa ed il mondo cattolico tutto.

Come ha avuto modo di osservare e scrivere Mons. Luigi Negri, in un’epoca caratterizzata dalla tragicità del primo scontro mondiale il Beato Carlo d’Asburgo ha poggiato tutta la sua azione e ha sempre fatto affidamento, per tutte le sue decisioni politiche, sulla sua fede cattolica e sullo stesso pontefice Benedetto XV. Una condotta, questa, che lo ha posto inevitabilmente in contrasto con la politica internazionale del tempo, dominata da quelle élites massonico-finanziarie che fin dalla seconda Rivoluzione Industriale hanno fatto il loro ingresso nella storia politica ed economica – se prima solo dell’Occidente, successivamente addirittura del mondo intero – tentando di cambiarne gli assetti tradizionali.

Parliamo, ovviamente, di quegli occulti agglomerati di potere che hanno inteso creare una nuova Europa ad essi asservita, una Europa in grado poi di rappresentare quel traino, attraverso il quale, poter guadagnare alle loro ideologie laiche ed illuministiche, tutto il mondo, in grado di plasmare anche i diversi convincimenti politici e le diverse fedi religiose al loro scopo. Basti pensare al rovesciamento di valori che facilmente osserviamo nelle sinistre internazionali, ora veri feudi del liberismo, ma anche a certi indirizzi del modernismo in ambito cattolico.

Carlo d’Asburgo ha rappresentato, indubbiamente, un ostacolo ai piani di costoro, interpretando, con la sua profonda cattolicità laica, quel ruolo di nobile antagonista contro il quale tali occulti centri di potere si sono andati a scontrare senza pietà. Uno scontro nel quale costoro non hanno esitato ad usare le armi dello scandalo sessuale e della falsità, proprie di quella modalità, originariamente – non a caso – tutta anglosassone, di condurre lo scontro politico.

Ultimo imperatore di quella Dinastia asburgica che ha tenuto le redini del Vecchio continente dal 1273 al 1918 ed ultimo erede di quell’Impero inaugurato da Costantino  – come pure da Teodosio il Grande – e resuscitato da Carlo Magno, la sola istituzione sotto la quale l’Europa è apparsa tutta, culturalmente e politicamente, unita grazie al Cristianesimo, il Beato Carlo, con le sue azioni e la sua testimonianza di fede, rappresenta uno di quegli esempi luminosi che svelano agli altri, quell’impervio e solitario sentiero che conduce alla santità.

 

Veniamo, ora, ad alcuni cenni storici sulla figura del Nostro.

L’ultimo erede del Sacro Romano Impero vede la luce il 17 agosto 1887 a Persenbeug sul Danubio, nella Bassa Austria, dove nel 1042, tra l’altro, muore San Bruno di Carinzia cugino di Corrado II Imperatore. Nasce con il forcipe, in un parto durante il quale la madre stessa rischierà di perdere la vita. Un bimbetto piccolo e delicato, che cresce con molte cure e molto amore, vivendo indubbiamente un’infanzia felice.

Nipote di Francesco Giuseppe (1830-1916), intorno ai sette anni di età, nel 1895, il futuro Imperatore viene affidato al padre domenicano Norbert A. Geggerle (1852-1930) e al canonico del Duomo di Santo Stefano di Vienna che si occupano personalmente della sua primaria educazione religiosa. All’età di dodici anni, poi, riceve la Prima Comunione.

Dal 1905, il futuro erede della Dinastia degli Asburgo, mentre frequenta l’università con lezioni impartitegli presso il suo domicilio dai professori – secondo una pratica consuetudinaria di quei tempi – fa anche parte dello squadrone del VII Dragoni boemi Carlo V Leopoldo, di stanza a Praga. Ma già dall’anno successivo, con la morte del padre, il Nostro deve, necessariamente, dare l’addio a quella vita spensierata che ha vissuto fino ad allora, per prepararsi ad un’esistenza piena di responsabilità, dal momento che la sua possibile successione al trono imperiale dello zio Francesco Giuseppe, diviene, man mano, un’ipotesi meno fumosa e sempre più reale.

Il 17 agosto 1907, a vent’anni, a Reichenau, in presenza del vescovo Marschall, Carlo viene dichiarato maggiorenne ed emancipato. Nonostante questi grandi cambiamenti, la sua vita cristiana pare avanzare in maniera tutt’altro che ondivaga, facendosi, anzi, sempre più viva. Egli, in questo periodo, passa la maggior parte del suo tempo nelle piccole guarnigioni di stanza in Boemia, a Vienna e in Galizia, la Polonia sudorientale, che in quei tempi si trova sotto il dominio austriaco.

Nel 1911, all’età di 24 anni, Carlo sposa la principessa Zita dei Borbone di Parma, con una cerimonia benedetta da papa Pio X. Sono questi gli anni in cui il mondo si avvicina al primo conflitto mondiale, alla Grande Guerra; ed infatti, è proprio l’assassinio di Francesco Ferdinando e di sua moglie Sofia a Sarajevo, che rappresenta la scintilla che dà il via alla Prima Guerra Mondiale. Carlo, ormai secondo in linea di successione, nel 1916, all’età di ventinove anni, diviene sostanzialmente Imperatore; mentre nel dicembre dello stesso anno, viene pure incoronato Re d’Ungheria a Budapest.

Il pontefice Pio X, nemico giurato del modernismo, colui che tra l’altro predirà, alla stessa Zita, che Carlo sarebbe divenuto Imperatore e che le rivelerà quanto le virtù cristiane del Nostro sarebbero divenute un esempio per tutti, subito dopo l’assassinio dell’arciduca a Sarajevo, invia allo stesso Carlo, una lettera in cui lo prega di far presente a Francesco Giuseppe la pressante minaccia di una guerra che avrebbe portato immane sventura sull’Europa tutta.

Ma il contenuto della lettera purtroppo viene anche appreso da quei poteri occulti che tramano e complottano per favorire la guerra, tanto che il funzionario vaticano, latore dell’epistola, verrà fermato alla frontiera italiana. La missiva in questione raggiungerà l’Imperatore solamente molto tempo dopo, nel pieno delle attività belliche: ormai troppo tardi per scongiurarle.

Carlo, nel frattempo, viene promosso Generale, ma il conte von Hoetzendorf, capo di stato maggiore, fa in modo che egli rimanga lontano dagli scontri più cruenti; senza contare che, già nel 1915, l’Imperatore Francesco Giuseppe aveva cominciato ad iniziare Carlo agli affari di governo, tenendolo però ancora lontano dagli affari riservati. Ma il destino non lascia, al vecchio Imperatore, il tempo necessario per una completa preparazione del futuro sovrano; il quale, il 21 novembre del 1916, come riportato dalla stessa Zita Borbone, proprio sul letto di morte dell’Imperatore Francesco Giuseppe, assume la sovranità. Le testimonianze parlano di un momento particolarmente toccante, in quanto Carlo accetta il gravoso compito, inginocchiato davanti alla immagine della Madonna, con in mano un rosario.

Nonostante ciò, Carlo d’Asburgo mai sarà incoronato imperatore d’Austria, dal momento che non ce ne sarà tempo; eppure, nondimeno, gli sarà possibile entrare nel pieno possesso delle prerogative imperiali e regie, grazie alla sua condizione di erede designato.

Solenne è piuttosto la cerimonia d’incoronazione a sovrano d’Ungheria, celebrata nella cattedrale di Santo Stefano, a Budapest, in data 30 dicembre 1916, dal cardinale – e primate d’Ungheria – Principe János Czernoch. Una maestosa cerimonia, nella quale la magnificenza della liturgia con cui gli viene conferito il sacramentale dell’unzione, consoliderà in Carlo la convinzione della superiorità della Chiesa cattolica anche sulle istituzioni di natura temporale, tanto che si riprometterà di ricevere, prima possibile, anche le altre investiture. La determinazione con la quale il Nostro si sforzerà di mantenere tutte le promesse fatte al popolo ungherese, durante la cerimonia di incoronazione, arriverà a toccare alte vette d’eroismo.

Per ciò che concerne le idee politiche di Carlo d’Asburgo non possiamo far altro che affidarci ad alcune sue dichiarazioni riportate sia dalla moglie, la principessa Zita Borbone, che dal suo biografo, il conte Arthur Polzer-Hoditz und Wolframitz. Secondo queste testimonianze, mentre da Imperatore confessa al conte che la rigida osservanza della morale cattolica, da parte di ognuno, sarebbe l’unica ricetta in grado di eliminare l’odio e la miseria presenti nel mondo; d’altro canto, dall’esilio svizzero, parlando con la consorte Carlo non può fare a meno di osservare lo sfascio del partito cristiano-sociale, vittima di un opportunismo al quale solamente un ritorno alla monarchia di diritto divino avrebbe potuto porre fine.

Per meglio inquadrare, invece, la sua personalità, non possiamo far a meno di sottolineare proprio la singolarità della sua figura all’interno del clan degli Asburgo, singolarità che si manifesta nel rapporto, in apparente contraddizione, tra le sue idee politiche e sociali, connotate da un certo progressismo e la sua mentalità, per taluni versi spiccatamente medievale.

Certo, come ricorda R. Coaloa, pur se le sue virtù si esprimono in una maniera più borghese che cavalleresca, a tratti egli sembra rievocare figure come San Luigi IX di Francia o Edoardo il Confessore, tanto che la sua totale adesione alla vita cattolica spesso avrebbe portato sconcerto tra i membri della sua corte. Citiamo, in tal senso, l’episodio di quando impone l’abrogazione della pratica del duello fra gentiluomini (pena la perdita dello stesso status nobiliare) o come quando si oppone, con tutte le sue forze, all’uso dei gas che i suoi alleati tedeschi vorrebbero usare sul fronte orientale.

Ciò che meglio contraddistingue più di ogni altra cosa il pensiero politico di Carlo d’Asburgo, piuttosto, sono le riforme che egli stesso attua in seno alla monarchia asburgica, a cominciare da quella che potremmo definire una riforma costituzionale volta alla formazione di uno Stato confederale, con alla base un principio di autonomia ed uguaglianza di tutte le nazioni parti integranti dell’Impero. È facile comprendere, in questo caso, quanto egli tenga bene a mente, pur se partendo da presupposti storicamente differenti, la lezione del suo famosissimo ed omonimo predecessore Carlo V (1500-1558), secondo il quale, se da un lato, ogni singolo paese sotto il suo dominio, doveva necessariamente mantenere una propria autonomia, dall’altro, era unito agli altri paesi, a formare l’Impero, in nome dello stesso Imperatore.

Sotto tale prospettiva, possiamo affermare che gli sforzi del beato Carlo d’Asburgo sono tutti diretti verso la creazione di un geniale progetto federalista, a suffragio universale. Tale progetto rimane però indigesto, sia alla nobiltà magiara, che non mostra alcuna intenzione di cedere alcuno dei suoi privilegi nei confronti degli oltre otto milioni di non ungheresi presenti nel territorio magiaro, che ai circoli nazionalisti pangermanici presenti in Austria – quelli che in seguito si batteranno per l’Anschluss del 1938. Infatti, il Nostro, anche all’interno del suo circolo, non trova nessuno deciso ad appoggiare incondizionatamente il suo progetto; a parte il suo Capo di gabinetto, Arturo Polzer-Hoditz, il quale diverrà egli stesso bersaglio di una feroce e ben orchestrata campagna denigratoria. Nessuna fortuna mostra, poi, il suo progetto di riforma di quello che oggi verrebbe denominato il welfare, dal momento che la sua creazione di un ministero per gli Affari Sociali e per la Salute Pubblica, nonostante le meritorie intenzioni, non produrrà alcun effetto benefico per la popolazione. Un buon ritorno di immagine, tuttavia, Carlo d’Asburgo lo guadagna presso il popolo grazie alla decisione di concedere, nel 1917, un’amnistia generale.

Anche le scelte dei suoi ministri sono coerenti con le sue idee politiche di pace, tanto che cadono su quei personaggi politici che hanno in tutti i modi cercato di evitare la guerra. Carlo è determinato a portare la pace almeno all’interno dei suoi confini; non a caso, infatti, sarà il solo, tra i governanti dei paesi coinvolti nel primo scontro mondiale, ad accogliere pienamente le proposte di pace sostenute dal papa Benedetto XV.

Coaloa lo ha definito come l’ “inascoltato profeta di pace nella Grande Guerra”[1]. Sempre Coaloa, nelle pagine della sua biografia dedicata a Carlo, ci informa come l’Imperatore indirizza due epistole in particolare – di cui una ad Ernst Koerber (1850-1919), Cancelliere austriaco e l’altra a Stephan (István) Tisza-Borosjenö et Szeged (1961-1918), Primo Ministro ungherese – nelle quali rivela il proprio impegno a pubblicare un messaggio ai popoli posti sotto il suo dominio e da cui risulti palese la personale profonda aspirazione a porre fine alla guerra.

Il testo del messaggio avrà un notevole clamore in Europa e sarà pubblicato su tutti i giornali del continente. Tra l’altro, Carlo stesso si fa promotore di due differenti iniziative per giungere ad una pace separata con gli Alleati; ma entrambi i progetti saranno destinati al fallimento, soprattutto a causa della resistenza delle parti italiana e francese, come pure all’antipapismo del presidente statunitense Wilson che mostra di non avere alcuna intenzione di lasciare al papa il ruolo di arbitro delle questioni internazionali.

Esistono, ad ogni modo, anche prove epistolari della comunione di intenti di pace tra Carlo e Benedetto XV. Si tratta di tre lettere scritte tra l’ottobre ed il dicembre 1917. Ma contrari ai piani di pace del pontefice e del sovrano Asburgo si dimostrano, oltre al governo italiano, gli stessi alleati tedeschi ed i loro amici pangermanisti austriaci; come pure gli Alleati, ad eccezione di una certa fazione francese facente capo al principe Sisto di Borbone, cognato di Carlo e discendente del Re dei Francesi.

Le fazioni contrarie alla pace cominciano così a promuovere una violenta campagna denigratoria contro il Nostro, il quale viene calunniato ed accusato di essere un ubriacone senza spina dorsale, un donnaiolo, un dilettante della politica, assoggettato alla volontà della sposa che, tra l’altro, è italiana e quindi nemica dei popoli austriaco e tedesco.

Ed ecco, chiaramente, che nelle accuse rivolte all’indirizzo di Carlo I vediamo spuntare i piani della massoneria europea e, soprattutto, inglese; i cui membri, occupando poltrone e posti di rilievo nello scacchiere internazionale, temono, indubbiamente, lo spirito cattolico di Carlo e i suoi propositi di pace. Sull’ostilità della massoneria verso Carlo d’Asburgo e della monarchia asburgica in generale, non può esserci alcun dubbio e benché i massoni italiani non abbiano, in teoria, alcun motivo di critica personale verso il futuro Beato, lo stesso non può dirsi per i loro confratelli cechi, austriaci nonché francesi ed inglesi.

Proviamo, comunque, a tornare con la mente alla fine del primo conflitto mondiale, quando, a Versailles, gli anglo-americani giocano la parte del leone e ridisegnano l’Europa secondo le proprie ambizioni. Gli agnelli sacrificali, allora, sono la Germania (interessanti, a tal proposito, le considerazioni di Keynes[2]) e soprattutto l’Impero austro-ungarico che viene smembrato e sostituito da quelle che David Murgia definisce, giustamente, «mostruosità geopolitiche»[3], quali la Cecoslovacchia e la Jugoslavia, dove genti che si odiano – o che non hanno nulla in comune – sono costrette a vivere sotto la stessa bandiera, mentre vengono smembrate antichissime entità politiche.

Secondo il dossier Vaticano per la beatificazione di Carlo, gli intenti ed i progetti della massoneria internazionale sono quelli, fondamentalmente, di ostacolare con ogni mezzo le differenti proposte di mediazione tra le parti in guerra, cercando, al contempo, di distruggere l’ultima dinastia cattolica di un certo peso, regnante in Europa. Per far ciò, i “confratelli” non esiteranno a tentare di guadagnarsi la simpatia e l’approvazione del futuro Beato, con allettanti offerte, di carattere economico – e non solo – volte prima all’abdicazione e, successivamente, alla restituzione del titolo di sovrano d’Ungheria. Un piano del quale è al corrente lo stesso Benedetto XV che tenterà con ogni mezzo di ostacolarlo, in quanto lo stesso pontefice si rende subito conto che il disfacimento della monarchia austriaca porterebbe inevitabilmente all’allontanamento dalla Chiesa cattolica, di tutte le genti che ne facevano parte.

Sappiamo però che la stessa causa di beatificazione di Carlo, oltre a poggiare sulla guarigione miracolosa – anzi, le guarigioni – di cui parleremo in seguito, si fonda proprio sui suoi totali rifiuti alle continue offerte di restituzione del trono, proprio per non scendere a compromessi con quegli occulti centri di potere globalisti, ai quali accennavamo precedentemente.

Certo, la massoneria non opera affatto da sola, ma possiede dei potenti alleati in Ludendorff e nel suo uomo all’interno dell’Impero austro-ungarico, il conte di Wedel, ambasciatore a Vienna. Proprio da costoro partirà, difatti, la campagna diffamatoria nei confronti di Carlo e della consorte Zita. Ma tali calunnie vengono smascherate proprio nel dossier vaticano atto alla beatificazione del Nostro. Una campagna denigratoria che oltre a descrivere Carlo come un debole ubriacone effeminato e dipendente dai voleri della moglie italiana, lo squalifica come ufficiale in comando; mentre, in realtà, come si evince dal fascicolo vaticano, le sue idee militari collimerebbero con quelle di un altro  comandante in capo, il famigerato generale Douglas McArthur, soprattutto nella loro comune volontà di evitare rischi inutili per la vita degli uomini posti sotto il loro comando. Anzi, come ci ricorda Rino Camilleri, «in guerra era sempre in prima fila, davanti ai suoi uomini, e non era raro il caso che si esponesse temerariamente per raccogliere i feriti dell’uno e dell’altro fronte (molti soldati italiani gli dovettero la vita)»[4].

L’elenco dei nemici di Carlo non si chiude però così, perché tra essi vanno annoverati anche alcuni circoli politici germanici, indissolubilmente legati al protestantesimo dell’Unione prussiana. Nei confronti di questi, tuttavia, così come pure verso i rappresentanti di altre confessioni, Carlo ha sempre manifestato un atteggiamento benevolo ed ecumenico.

Per quanto invece riguarda le accuse di essere un donnaiolo, sono due sono le calunnie, organizzate ad arte per screditare l’onore di Carlo: la prima, facilmente smontata, riguardante sue presunte relazioni sessuali con delle “professioniste”, appena superata la maggiore età; l’altra, relativa alla sua presunta relazione amorosa con una “evanescente” nobildonna russa, che successivamente verrà dimostrata, perfino, inesistente: tale Carla Chonrowa, identificata già come amante dello Zar Nicola. Una vicenda, quest’ultima, montata sulle accuse di una certa Maria Ullmann Lauffer, successivamente descritta come isterica, egocentrica e mitomane da eminenti psichiatri di diverse università europee.

Di contro, dalle testimonianze dell’Imperatrice Zita stessa, veniamo a sapere che il suo matrimonio con Carlo è stato veramente un legame felice, coronato addirittura dal concepimento di ben otto figli. Inoltre, sappiamo che l’Imperatore si comunicava tutti i giorni ed era devotissimo alla S. Vergine Maria, che praticava le virtù teologali e cardinali in maniera assolutamente non comune. Una condotta, questa che, se possibile, ha ancor di più incattivito le azioni dei suoi nemici, appartenenti tutti a quelle centrali di potere finanziario-massonico-globalista manifestamente identificate nel corso del processo di beatificazione.

Veniamo ora al miracolo compiuto da Carlo e che ha consentito la sua beatificazione attraverso un processo il quale, come per tutti i procedimenti volti alla beatificazione, ha sondato e scandagliato testimonianze, prove e documentazione varia. Orbene, il miracolo attestato, di cui si è reso protagonista Carlo d’Asburgo, è quello riguardante la guarigione di una suora polacca, suor Maria Zita Gradowska, sanata da un’ulcera alla gamba destra a Curitiba, in Brasile, nel 1960, dopo circa sedici anni di cure pressoché inutili; e ciò, proprio per aver pregato per la beatificazione del Nostro. Oltre a questo avvenimento, sappiamo pure di altre guarigioni miracolose ascritte a Carlo; tra esse ricordiamo quella occorsa ad Ernesto di Hohenberg, nonché quella di cui ha beneficiato la contessa Guglielmina Hoyos: sempre dopo averlo pregato per la propria guarigione. Accanto a tutto ciò, come ci ricorda Camilleri «la sua tomba è in fama di miracoli»[5].

In conclusione, il tragico destino dell’ultimo Imperatore del Sacro Romano Impero (che ricordiamo esser morto di polmonite, nel 1922, in esilio nell’isola di Madera) può essere spiegato anche come il risultato della sua immensa bontà e del suo spirito cristiano che forse, in un mondo di tenebre che si avvicinava sempre più al baratro dei Tempi Ultimi, gli hanno impedito di poter adeguatamente contrastare le azioni, per dirla con Attilio Mordini, di «quelle forze dal basso che oggi hanno preso il sopravvento ovunque e stanno trasformando il mondo in un chaos universale»[6].

Ma sappiamo, di contro, che la «risposta di Carlo d’Asburgo a chi osava porgli condizioni era semplice e decisa: “Quanto a questo io, come Principe cattolico non ho una parola da dire…Ora ogni mio tentativo avrà cattiva riuscita… Tuttavia non sarà mai ch’io accetti da Satana ciò che Dio m’ha dato”; e aggiungeva: “Come sono vili tante volte i cattolici” »[7].

ANTONIO ARCURI

Bibliografia:

  1. Camilleri, I Santi Militari, Estrella De Oriente, Villazzano (TN) 2003.
  2. Coaloa, Carlo d’Asburgo l’Ultimo Imperatore, Il Canneto, Genova 2012.
  3. Mordini, Il Tempio del Cristianesimo, Il Cerchio, Rimini 2006.
  4. Murgia, Carlo d’Asburgo L’ultimo erede del Sacro Romano Impero, Edizioni Segno, Tavagnacco (UD) 2019.
  5. Sanguinetti – I. Musajo Somma, Un cuore per la nuova Europa. Appunti per una biografia del beato Carlo d’Asburgo, D’Ettoris Editori, Crotone 2010.

 

NOTE

[1] Cfr. R. Coaloa, Carlo d’Asburgo L’Ultimo Imperatore, Il Canneto, Genova 2012, p. 99.

[2] A tal proposito si consiglia la lettura di J. M. Keynes, Le conseguenze economiche della pace, Adelphi, Milano 2007.

[3] D. Murgia, Carlo d’Asburgo L’ultimo erede del Sacro Romano Impero, Edizioni Segno, Tavagnacco (UD) 2019, p. 46.

[4] R. Camilleri, I Santi Militari, Estrella De Oriente, Villazzano (TN) 2003, p. 215.

[5] Ibidem, p. 216.

[6] A. Mordini, Il Tempio del Cristianesimo, Rimini, Il Cerchio, 2006, p. 13.

[7] Ibidem.