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La “moneta” e l’anticristo (di Cosmo Intini).

 

Il regno della quantità

Nel saggio Il Regno della Quantità e i Segni dei Tempi[1], che senza ombra di dubbio possiamo riconoscere come il più profetico della produzione di René Guénon, questi dedica un intero capitolo all’argomento che lui titola “La degenerazione della moneta”.

Nel contesto dell’intero studio, tale questione costituisce effettivamente uno tra i più lampanti esempi di quanto egli si propone di porre all’indice: la “dispotica” tendenza, adottata peculiarmente dal mondo moderno occidentale, a ridurre “ogni cosa al solo punto di vista quantitativo”.

Al di là di rappresentare una mera “conquista” di ordine scientifico e conoscitivo – peraltro applicata in maniera pervasiva anche ad ulteriori campi quali ad esempio: l’organizzazione sociale, l’economia, l’arte, la filosofia o la stessa religione – tale riduzione al quantitativo in realtà non tradurrebbe altro se non il culmine “discendente” del ciclo a cui la presente umanità si trova legata.

Tale “discesa”, spiega Guénon, costituisce propriamente “il graduale allontanamento dal Principio, necessariamente inerente ad ogni processo di manifestazione”. E in quanto il Principio, all’interno della manifestazione, non esprime altro che l’aspetto ontologico proprio della “qualità pura”, l’esito finale di tale parabola discendente, il suo punto più basso, coincide appunto con la “quantità pura priva di qualsiasi distinzione qualitativa”.

Ora, poiché «in virtù della legge di analogia il punto più basso è come un riflesso oscuro o un’immagine invertita del punto più alto, ne deriva la conseguenza, paradossale solo in apparenza, che l’assenza più completa di qualsiasi principio implica una specie di contraffazione del principio stesso, espressa da taluni in forma teologica con l’affermazione: satana è la scimmia di Dio»[2].

Sulla base di tutto ciò, Guénon conclude affermando che «il termine reale della tendenza che conduce gli uomini e le cose verso la quantità pura non può essere che la dissoluzione finale del mondo attuale»[3].

Sulla base di quanto si è appena osservato, i punti su cui allora intendiamo brevemente insistere, in questa sede, rimandano fondamentalmente a due contingenze:

  1. La pretesa dell’epoca attuale di ridurre tutto alla “quantità” si manifesta con dei caratteri dominanti, impositivi ed occultanti: tanto da pervenire ad assumere, appunto, i connotati di un vero e proprio “regno”, la cui peculiarità ontologica è quella di esser radicato nella “contraffazione”.
  2. La fisionomia invertita e negativa di tale “regno” – il quale, come dicevamo, si viene a collocare nella posizione-limite estremamente più lontana dal Principio, ovvero, nel punto ontologico inferiore, più basso della parabola discendente del presente ciclo umano – appare inevitabilmente contrassegnata da una natura marcatamente “infera, diabolica”.

Qualità e quantità

A beneficio di chi non conosca l’opera di Guénon, e ancor più il suo studio qui in oggetto, va sinteticamente precisato che egli fa corrispondere ai termini “qualità e quantità” il senso che ne dà il tomismo; per la qual cosa alla prima va riconosciuta l’appartenenza all’ambito dell’essenza, mentre la seconda risulta pertinente a quello della sostanza.

Il carattere “quantitativo”, a cui il pensatore si riferisce, trova pertanto esplicitazione negli atteggiamenti tra i più tipici della moderna società occidentale: materialismo, positivismo, scientismo, prevalenza della prassi, individualismo, profanità, laicismo e così via dicendo.

E’ peraltro facile constatare come l’uomo moderno abbia in verità adulterato anche l’originario concetto metafisico-ontologico di “qualità”, riducendolo invero ad una definizione d’ordine parimenti materiale-quantitativo: un semplice attributo relativizzato all’interno di una arbitrariamente determinata scala di valori.

Ebbene, uno degli ambiti privilegiati e più immediatamente coinvolti nel processo di riduzione alla “quantità pura” è, come dicevamo, anche quello dell’economia: e ciò, attraverso il suo più immediato strumento quale è quello della “moneta”.

Carattere simbolico-sacrale della “moneta”

Bisogna innanzitutto ricordare, sempre con Guénon, che in tutte le tradizioni antiche (e per quel che riguarda la civiltà occidentale, ciò vale sino al Medioevo) le monete erano coperte di simboli in quanto considerate colme di «influenza spirituale, la cui azione poteva effettivamente esercitarsi in virtù dei simboli che ne costituivano il normale supporto»[4]. Sintomatico appare il fatto che, sempre tradizionalmente, il controllo su di esse era esercitato dall’Autorità Spirituale; tant’è che ogni “alterazione” della “moneta”, qualora effettuata dal Potere Regale di propria iniziativa, era ritenuta indebita[5].

Altrettanto emblematico appare il percorso degenerativo che, come profetizzato e puntualizzato da Guénon, si sta effettivamente attuando ai giorni nostri: «la moneta, dopo aver perduto ogni garanzia di ordine superiore, ha visto il suo stesso valore quantitativo, cioè quello che nel gergo degli economisti viene chiamato potere d’acquisto, ridursi senza posa, sicché si può immaginare un punto limite, al quale ci si avvicina sempre più, in cui essa avrà perduto ogni ragion d’essere, anche semplicemente pratica o materiale, e dovrà sparire quasi da sola dall’esistenza umana»[6].

E’ del tutto evidente come ciò sia in coerente linea con il fenomeno, a cui si sta oggi assistendo, della progressiva sostituzione dei contanti con i pagamenti elettronici.

Operatività infera della “moneta”

Possiamo affermare che proprio perché da sempre rivestita di un carattere eminentemente simbolico, sacro e qualitativo, la “moneta”, allorché invece adoperata secondo una modalità “quantitativa”, può presentarsi con la natura di un potente mezzo viepiù evocatore di forze “infere”: tutte direttamente riconducibili alla figura anticristica che i Vangeli denominano col nome di “mammòna[7], il quale demone, secondo le parole del Cristo stesso, sarebbe suscettibile di riuscire a mantenere una potente “sovranità” sull’uomo.

In sintesi, coloro che colgono questa valenza della “moneta” e a tutt’oggi ne adoperano consapevolmente, in senso “invertito”, le connaturate potenzialità “simbolico-operative”, non si prefiggono altro scopo che di manipolare in maniera “dissolutiva” il potere sottile da essa posseduto. Corredandola di simbologie concepite ad hoc, costoro si pongono pertanto in una prospettiva che tendenzialmente è destinata a condurre la visione “quantitativo-materialistica” sino al suo estremo limite; il quale, come dicevamo, non può presentare altro aspetto se non quello “infero e diabolico”.

Due casi di banconote con simbolismo anticristico

L’applicazione sulla “moneta” di simbologie di carattere “tendenziosamente” infero non costituisce peraltro un fenomeno del tutto nuovo. Ad esempio, è già abbastanza nota la presenza, sulla banconota del dollaro statunitense, di immagini e numeri simbolici esplicitamente tratti dall’ambito massonico e occultista: ci riferiamo in particolare alla “piramide tronca” e all’“occhio onniveggente” che la sormonta.

Ciò su cui vogliamo invece soffermarci più in dettaglio è il Gran Sigillo di Stato americano, stemma degli USA, il quale, nel 1935, fu appunto anch’esso inserito sul retro della medesima banconota.

Prestando attenzione agli apparentemente innocenti elementi che lo connotano, notiamo che essi ribadiscono un reiterato e coerente riferimento al n. 13; la presenza del quale viene solitamente giustificata con il fatto che tale numero simboleggerebbe quello dei primi stati confederati.

In realtà, non solo sin dall’antichità il numero 13 è sempre stato considerato malefico e di cattivo augurio (del resto, lo è a tutt’ora anche tra gli stessi anglosassoni); ma, fatto ancor più significativo, esso è notoriamente legato proprio all’anticristo e alla Bestia, dato che il capitolo in cui questi compaiono nell’Apocalisse è significativamente proprio il “tredicesimo”.

Orbene, scendendo nei dettagli notiamo che 13 sono le stelle sopra la testa dell’aquila; 13 sono le foglie e le bacche sul ramo d’ulivo stretto nella zampa destra dell’aquila; 13 le frecce strette nella zampa sinistra; 13 le strisce nell’emblema sul suo petto e sempre 13 le lettere del motto “E PLURIBUS UNUM”. Il 13 è ribadito insomma per ben 5 volte.

Poiché ciò di cui qui si tratta rappresenta il simbolo massimo degli Stati Uniti, la cui sigla è USA, non possiamo non tener conto di ciò che anche quest’ultima può essere suscettibile di suggerirci.

Ebbene, traslitterandola in lingua greca, sì da permetterci di applicare su di essa un’indagine gematrica, notiamo come ΥΣΑ (USA) possegga un valore pari a “400+200+1 = 601”.

Se a tale valore aggiungiamo allora i precedenti 5 riferimenti al numero 13, abbiamo: 601 + (13 x 5) = 601 + 65 = 666. Appunto: il numero dell’anticristo.

 

Tuttavia, non è solo la “moneta” statunitense che, allorché indagata numerologicamente e gematricamente, viene a mostrare i propri palesi risvolti “anticristici”.

Recentemente, siamo infatti venuti a conoscenza della pubblicazione in rete di una significativa circostanza che riproponiamo qui di seguito.

Piegando longitudinalmente una banconota da 50 euro secondo una inclinazione appropriata – ossia, in una maniera non esattamente corrispondente alla sua metà – allorché la si ponga innanzi ad uno “specchio” viene a configurarsi quella che è incontrovertibilmente un’immagine demoniaca.

Va incidentalmente precisato che sebbene alcuni divulgatori della notizia abbiano affermato che la medesima immagine sia ottenibile adoperando anche le euro-banconote di taglia inferiore (5, 10 e 20), abbiamo tuttavia potuto verificare che in queste ultime la resa non pare essere altrettanto chiara e ben conformata. Ci è parso quindi giusto soffermarci esclusivamente sul presente esempio fornito dalla banconota da 50.

Ebbene, tramite un’ulteriore nostra personale valutazione simbologica della figura, abbiamo potuto verificare di essere al cospetto di una coerente convergenza di simbolismi.

L’immagine reale della banconota e quella specchiata, allorché giustapposte in maniera tale da far apparire appunto il demonio, nel loro insieme presentano altresì 11 stelle (e non le normali ed effettive 12 che fanno invece parte dell’intera banconota). Inoltre, sempre a motivo della “specularità”, la stella inferiore si presenta curiosamente a 6 punte (invece che a 5, come tutte le altre).

Le stelle sono dunque in totale 11, mentre le punte sono in totale 56.

Ebbene, moltiplicando i due valori abbiamo: 11 x 56 = 616. Se a tale numero addizioniamo adesso il valore della banconota, ossia 50, otteniamo infine: 616 + 50 = 666.

Va notato che con la banconota dell’euro siamo al cospetto di un’applicazione della simbologia “anticristica” che, rispetto a quella incontrata col dollaro, risulta per così dire “più avanzata”. Qui, infatti, il risultato è raggiungibile solo dopo aver sottoposto la banconota alla giustapposizione con la sua immagine “riflessa”. In verità, ciò riveste per noi una grande significatività alla luce di quanto osservato in precedenza sul carattere di “riflesso oscuro” o di “immagine invertita” che, come spiegava Guénon, è proprio di satana (“scimmia di Dio”) e del suo “regno”: regno che per questo si configura come un’“imitazione contraffatta” del Regno di Dio.

L’azione tipica dell’anticristo, difatti, è proprio quella di presentarsi con le fattezze di Cristo, ma quale “lupo travestito da agnello”. Per riconoscerlo, insomma, basta privarlo del suo artefatto travestimento.

Casualità, consapevolezza o altro?

Di fronte a queste circostanze, tra le reazioni più usuali vi sono, da una parte, quelle di coloro che ritengono o che il tutto sia frutto del solo caso, o che non vi sia comunque nulla che sia volontariamente improntato ad alcuna malizia. Essi tacciano peraltro di “complottismo” coloro che invece, dall’altra parte, sono convinti che in fondo ci sia una chiara consapevolezza di carattere “subdolo”. Tuttavia, tra questi ultimi, molti si fermano a ritenere tali vicende come solamente circoscrivibili entro l’ambito di “biasimevoli ed eccentriche esternazioni”, prive comunque di alcuna evidente e grave conseguenza.

Da parte nostra, va innanzitutto ribadito che il caso esiste solo per gli occhi di coloro che – per dirla ancora con Guénon – non vogliano o non sappiano vedere “i segni dei tempi”. E oltretutto, i due precedenti sorprendenti esempi si andrebbero ad aggiungere in verità ad un congruo e già esistente repertorio di altre consimili circostanze, nelle quali si è scoperta appunto la celata presenza di chiare simbologie “diabolico-anticristiche”[8]. Per la qual cosa, anche solo riconoscendo una certa validità alla “teoria delle probabilità” non si dovrebbe continuare a negare alle suddette circostanze la loro verosimiglianza, riducendole con superficialità ad occasioni frutto di un mero caso.

D’altro canto, ci chiediamo pure come sarebbe possibile provare non tanto che dietro a tutto ciò ci sia realmente la consapevole intenzione di una qualche satanica élite occulta – la qual cosa ci sembra più che esplicita – quanto piuttosto che esista una “mente umana” in possesso di siffatte raffinatissime capacità atte a congegnare veri e propri sistemi di significato così tanto straordinariamente complessi, sofisticati ed occulti, quali quelli che abbiamo appena evidenziati con l’ausilio dell’ermeneutica numerologica e gematrica.

Per dirla in altro modo: come può il moderno uomo-quantitativo dar credito a situazioni fuori della sua normale “logica”, proprio perché esse, nel momento in cui egli ne verifichi la sussistenza, gli provocano istintivamente un senso di inquietudine per il semplice fatto che esse “appaiono” fuori di ogni logica? Siffatte circostanze, infatti, quasi “vivendo di vita propria”, si manifestano inopinatamente e con perfetta coerenza senza la manifesta possibilità del soggettivo intervento di una volontà umana che ne abbia stabilito anticipatamente i termini sin nei così minimi dettagli e nelle così diverse implicazioni.

 

Ritualità ed azione anticristica

In verità, a nostro modo di vedere, allorché ci si voglia limitare al semplice dilemma della casualità o della consapevolezza, non si coglierà il senso proprio della questione. E’ proprio allora che bisogna far intervenire, insomma, una terza e differente prospettiva.

 

Una prima osservazione che occorre dunque fare, alla luce delle precedenti constatazioni, è che siamo al cospetto di “due differenti livelli “di espressione simbologica.

Il “primo livello” rimane quello di più immediata leggibilità e pertiene alla eventualità che qualcuno abbia architettato il design della banconota in maniera tale che la simbologia, usualmente ignota o se non proprio completamente celata all’evidenza superficiale, si manifesti palesemente soltanto qualora se ne conosca (ovvero, se ne scopra inconsapevolmente) l’appropriata “chiave di lettura”. E’ a questo livello che appartengono sia la “piramide” e l’“occhio onniveggente” presenti sul dollaro, come pure il disegno della “figura demoniaca” dell’euro. In ogni caso, anche se nessuno può negare la loro oggettiva presenza e sussistenza, non pare ancora possibile desumere da tutto ciò una qualsivoglia decisiva conclusione.

Il “secondo livello”, invece, è quello più “occulto” nel senso vero e proprio del termine.

Qui si prospetta la sussistenza non del semplice nascondimento di una simbologia, ma quella di un “arcana latenza” del simbolismo stesso. Se infatti questo risulta appartenere al medesimo contesto di significato, pur tuttavia lo è secondo una modalità differente; per cogliere la quale è necessario avvalersi di uno specifico procedimento ermeneutico (numerologico e/o gematrico) che lo investighi “più in filigrana”.

E’ proprio a motivo di questa mancanza di una sua immediata evidenza che tale simbolo, appartenente a questo secondo livello, è meno immediatamente colto come oggettivo. Più che “visto”, infatti, esso può e deve essere, semmai, “intuito”.

La seconda osservazione, direttamente conseguente alla prima, è che quindi, per rendere possibile il realizzarsi di questo “secondo livello”, non può essere sufficiente il solo consapevole e decisionale intervento umano. Semmai, l’uomo può decidere di “evocare” qualcosa per innescare un processo di carattere “rituale” il quale, contestualmente, permetta a questo “qualcosa” di intervenire, per così dire, autonomamente. Tale intervento di carattere extra-umano, o per meglio dire infra-umano in quanto “infero e diabolico”, tradisce la propria presenza ad un livello “occulto” che solo tramite un approccio ermeneutico particolarissimo (quali sono appunto quello della numerologia o della gematria) può evidenziarsi e confermarsi nel proprio oggettivo e pieno sussistere.

In definitiva, se il semplice scoprire la presenza di simbologie anticristiche, quantunque convenientemente celate, può essere impugnato dall’incredulità non potendosi riuscire a provare con “quantitativa” certezza la loro reale fraudolenza, è tuttavia la loro “qualitativa” suscettibilità di rendere possibile un’apertura ad un intervento “altro”, autonomo, che garantisce invece definitivamente l’effettiva sussistenza del loro carattere subdolo.

Regno della quantità e “antisovranità” di mammòna

A questo punto, come ultima osservazione, ci è anche possibile individuare il nome del demone che latentemente si annida nella banconota da 50 euro, così come in precedenza mostrata. Ci avvarremo anche questa volta del calcolo gematrico.

Cominciando dal termine Euro, in greco ΕΥΡΩ (che peraltro compare anche apposto su tutte le banconote), constatiamo che il suo valore gematrico è pari a 1305[9].

E’ allora emblematico che a tale valore corrisponda esattamente anche quello della locuzione βασιλικη β μαμμωναν [10]; la quale traduce “la basilica relativa al sovrano mammòna”. Con tale isopsefia di valore, essa locuzione stabilisce, pertanto, anche il sussistere di una equivalenza di significato[11].

Nel suo insieme, insomma, il senso definitivo dei termini risulta confermare, “oggettivamente”, tutta la “negatività” della moneta unica europea: negatività di carattere infero che, oltretutto, per altre vie è già stata sino ad oggi sperimentata socialmente, politicamente ed economicamente. E ciò, proprio in quanto, sin dall’inizio del suo corso, “l’Euro è la basilica del sovrano mammòna”.

Conviene sottolineare come il termine “basilica” qui evinto, confermi il senso dell’intero contesto. In origine essa indicava, infatti, quell’edificio pubblico denominato “portico regio”, che si apriva nel foro della città e che, tra le altre cose, era destinato all’amministrazione della giustizia – da cui l’epiteto legato al potere regale – nonché a “luogo di riunione” e a “centro di affari”.

Con l’avvento del Cristianesimo, poi, venuta a cambiare la destinazione d’uso in quanto divenuta essa un luogo liturgico, la “basilica” ha comunque mantenuto il suo legame con la “Regalitas”, passando ad indicare il luogo di residenza del “Re dei Re”.

La sfida di sovranità, che mammòna pone a Cristo Re, non poteva quindi che avvenire proprio in un luogo che simbolicamente ambisce ad essere una “contraffazione infera” della vera Basilica di Dio.

Conclusioni

A conclusione di queste riflessioni, sorge spontanea e doverosa la domanda in merito a quali siano le “conseguenze operative” a cui conducano le suindicate constatazioni; e ciò del tutto indipendentemente dal fatto se esse possano essere accolte da una parte di lettori con indifferente sufficienza o con irridente perplessità ovvero, da un’altra parte, con semplice e curioso interesse o con convinta e sincera condivisione.

Ci sembra allora opportuno fare nostre, ancora una volta, le parole di Guénon; il quale, col constatare quanto di infero ed occulto appartenga alla società occidentale a motivo del suo decadimento entro l’invertito “regno della quantità”, così scrive:

«Questa osservazione può essere di grande aiuto per capire alcuni dei più oscuri enigmi del mondo moderno, enigmi non riconosciuti come tali perché nemmeno avvertiti, quantunque insiti in esso, e la cui negazione costituisce una condizione indispensabile del mantenimento di quella specifica mentalità che condiziona la sua esistenza. Se i nostri contemporanei riuscissero, nel loro insieme, a vedere che cosa li dirige, e verso che cosa realmente tendono, il mondo moderno cesserebbe immediatamente di esistere come tale, in quanto quel raddrizzamento, cui spesso abbiamo fatto allusione, non mancherebbe di operarsi per questo solo fatto; ma poiché tale raddrizzamento presuppone che si sia giunti al punto d’arresto in cui la discesa è interamente compiuta, e in cui la ruota cessa di girare (almeno in quell’istante che segna il passaggio da un ciclo ad un altro), bisogna concludere che, fin quando questo punto non sarà effettivamente raggiunto, queste cose non potranno essere comprese dalla maggioranza della gente, ma soltanto dall’esiguo numero di coloro che saranno destinati, in una misura o in un’altra, a preparare i germi del ciclo futuro. Non è nemmeno il caso di dire che, per tutto quanto andiamo esponendo, è sempre esclusivamente a questi ultimi che abbiamo inteso rivolgerci, senza preoccuparci dell’inevitabile incomprensione degli altri; è vero che questi altri, ancora per un certo tempo, sono e devono essere la stragrande maggioranza, ma è appunto nel regno della quantità che l’opinione della maggioranza può pretendere di esser presa in considerazione»[12].

 

Il presente scritto è stato pubblicato sul seguente blog:

www.ideeazione. com (30.05.23)

 

NOTE

[1] Prima edizione francese ©1945 ÉDITIONS GALLIMARD PARIS. Prima edizione italiana ©1982 ADELPHI EDIZIONI S.P.A. MILANO. Nel presente studio faremo riferimento alla III edizione italiana, del 1995.

[2] R, GUENON, Il Regno della quantità e i Segni dei Tempi (III ediz.), Adelphi Edizioni s.p.a., Milano 1995, p. 13.

[3] Idem, p. 111.

[4] Idem, p. 108.

[5] Cfr. pure R. GUENON, Autorité spirituelle et pouvoir temporel, Paris, 1929, p. 111 (trad. it.: Autorità spirituale e potere temporale (I ediz.), Adelphi Edizioni s.p.a., Milano 1972, p. 141), dove viene fatto un riferimento particolare al caso di Filippo il Bello.

[6] Il Regno della Quantità, op. cit., p. 110.

[7] Mt 6,24; Lc 16,13.

[8] A tal proposito, penseremmo anche solo al noto caso del “codice a barre”.

[9] 1305 = 5+400+100+800.

[10] 1305 = (2+1+200+10+30+10+20+8) + (2) + (40+1+40+40+800+50+1+50) = (281) + (2) + (1022).

[11] La lettera “beta” (β), quando unita ad un “nome proprio”, è l’abbreviazione dell’aggettivo βασιλικος. Ciò non fa che ribadire il medesimo senso del sostantivo βασιλικη, altresì presente nella suddetta locuzione. Cfr. L. ROCCI, Vocabolario Greco-Italiano, Società Editrice Dante Alighieri, Milano 1967, p. 334.

Il sostantivo μαμμωναν è una forma di “accusativo di relazione”.

[12] Il Regno della Quantità, op. cit., p. 13.